Sempre l’Ocse in prima fila, anche riguardo lo scambio di informazioni a richiesta in base agli attuali standard Ocse, come indicati nel nuovo articolo 26 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni e negli accordi TIEA.
In questo caso, due sono i punti centrali che illustrano il senso e la finalità del nuovo articolato: innanzitutto, si richiede la trasparenza dell’intero ordinamento con l’abrogazione del segreto bancario e del segreto professionale e, al contempo, la previsione di norme interne che consentano di conoscere, tra le altre cose, chi sono gli effettivi beneficiari di veicoli societari di qualsiasi genere, inclusi i trust, e i soggetti che effettivamente li controllano. In secondo luogo, la nuova procedura prevede lo scambio d’informazioni a richiesta degli altri Stati. Al riguardo, un gruppo di esperti Ocse si occupa di sottoporre a verifica l’effettivo rispetto degli impegni assunti dai diversi Stati.
Il Piano BEPS e il CbC Country by Country Reporting per le società multinazionali – Il problema qui è che, nel riferire i loro guadagni globali, troppe aziende multinazionali possono artificialmente (e legalmente) spostare i loro profitti in giro alla ricerca delle aliquote fiscali più basse, spesso ponendo a rischio le basi imponibili delle giurisdizioni in cui le reali attività economiche si svolgono e dove si crea valore. Lanciato nel 2012 per volere dei leader del G20, il progetto OCSE-G20 per combattere la pianificazione fiscale aggressiva mira a colmare le lacune del sistema fiscale internazionale che permettono che ciò avvenga. Dopo due anni di lavoro faticoso, un pacchetto completo di misure contro è stato approvato al vertice dei leader del G20 tenutosi ad Antalya, Turchia, il 15-16 novembre 2015. Quella che sembrava una scommessa rischiosa per molti ha dimostrato che s’è rivelata un successo. Per la prima volta nella storia, infatti, 44 Paesi (tutti i membri dell’OCSE e del G20, più Colombia e Lettonia), che rappresentano nel complesso l’equivalente di circa il 90% dell’economia mondiale, hanno lavorato insieme su un piano di parità per affrontare il tema cruciale dell’evasione fiscale e di ciò che essa comporta come ricaduta economica e produttiva. Al dunque, il pacchetto BEPS copre tre temi unificanti: allineare le norme in materia di tassazione con la presenza effettiva di attività economica e la creazione di valore; migliorare la coerenza tra i sistemi fiscali nazionali e delle norme internazionali; e promuovere la trasparenza. In materia di scambio di standard informativi, il piano BEPS fornisce anche i governi con le misure pratiche e gli strumenti di attuazione, comprese le disposizioni di modello per i trattati fiscali e legislazione nazionale, modelli di buone pratiche e altro ancora. Le misure anti-BEPS offrono quindi una reale possibilità di ripristinare la tassazione per molte giurisdizioni, assicurando che i profitti vengano segnalati laddove sono concretamente realizzati, su basi reali non fittizie. Molto lavoro resta ancora da fare, ma il progresso sarà difficile, se non impossibile, senza un’attuazione diffusa ed efficace. I Paesi dell’OCSE e del G20 hanno quindi deciso di andare avanti sulla attuazione e il monitoraggio, dando il benvenuto a tutti i Paesi interessati e alle giurisdizioni che sono pronte a impegnarsi per il pacchetto BEPS. Tant’è vero che una proposta per la strutturazione di un nuovo quadro più inclusivo è stato approvato dai ministri delle finanze del G20 nella riunione di Shanghai nel mese di febbraio 2016, per esser poi inaugurata a Kyoto nel mese di giugno. In caso di successo, il quadro segnerà un passo importante verso la costruzione di un affidabile sistema fiscale internazionale per tutti.
Finalmente si parla anche di Unione europea – Anche l’Ue offre delle risorse e dei piani normativi e procedurali per frenare l’evasione internazionale ed aumentare le trasparenza. In particolare, lo scambio automatico d’informazioni, SAI – già attivato per gli interessi nell’ambito della direttiva sul risparmio – previsto nell’ambito della direttiva sulla cooperazione amministrativa (2011/167UE) anche su altre forme di reddito, tra cui, per esempio, redditi da lavoro, compensi per dirigenti, prodotti assicurazione sulla vita, pensioni, proprietà e redditi immobiliari, nonché su dividendi, plusvalenze, saldi di conto e tutte le categorie di redditi finanziari, royalties incluse, dal 1 gennaio 2017. Sempre in ambito europeo c’è da richiamare il piano d’azione contro ATP del 17 giugno 2015 e contro HTC, in pratica il controllo su ruling amministrativi e aiuti di Stato.
Il Gafi, così la rete si chiude – La novità importante legata al Gafi è rappresentata dalla inclusione dei reati fiscali tra quelli presupposto del riciclaggio – Raccomandazione n.3 del 16 febbraio 2012 – che chiama in causa anche la responsabilità di consulenti e intermediari finanziari. Ciò ha innalzato la soglia di rischio per le banche, incluse quelle svizzere, che i loro amministratori e funzionari restino coinvolti sotto il profilo squisitamente penale. In particolare, le disposizioni antiriciclaggio impongono a intermediari finanziari e professionisti obblighi di identificazione e verifica rafforzata dei clienti e obblighi di segnalazione delle operazioni sospette (SOS) alle apposite unità antiriciclaggio presenti nei vari Paesi. Il tutto al fine di individuare il titolare effettivo, ossia la persona fisica o le persone fisiche cui è in definitiva riconducibile ciascuna operazione.
Un ultimo tassello, the most wanted – La debacle di Panama è suonata come un avviso pubblico per continuare gli sforzi intrapresi. Con la partnership G20-OCSE al centro dell’agenda fiscale internazionale, gli stati sembrano oramai orientati a promuovere migliori politiche fiscali per una vita migliore, in tutto il mondo. A tal fine, il G20 ha recentemente assegnato all’OCSE il compito, la mission, di stabilire nuovi criteri per individuare le giurisdizioni non cooperative. L’OCSE e il Global Forum, in collaborazione con il Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI), sono stati quindi invitati dal vertice del G20 a lavorare per migliorare la disponibilità delle informazioni sulla proprietà e la titolarità effettive per garantire l’attuazione concreta della norma che permetterà alle autorità fiscali di identificare i veri proprietari dietro società di comodo e le altre disposizioni di legge. L’implementazione ricopre quindi un ruolo decisivo, altrettanto centrale come la produzione normativa in sé.