Nel disegno di legge di bilancio ci sono più soldi per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici: nel disegno di legge di stabilità definitivo, rispetto alla bozza del 24 ottobre, sono stati stanziati 520 milioni di euro in più per la copertura finanziaria del 2017 e 780 milioni in più a partire dal 2018.
Si passa dai 1400 milioni inizialmente previsti per il 2017 agli attuali 1920 e dai 1850 milioni previsti nella prima stesura per gli anni dal 2018 in poi agli attuali 2.630. L’aumento netto sarebbe compreso tra i 40 e i 50 euro, pochi rispetto alla perdita salariale dal 2008 quantificata in 180 euro mensili.
L’incognita è se tali fondi saranno utilizzati per finanziare le nuove assunzioni: infatti l’articolo 52 della bozza non distingue le risorse dirette a coprire i costi della contrattazione collettiva da quelli necessari a finanziare le assunzioni; tale precisazione è prevista in successivi provvedimenti, come i decreti di attuazione.
Il consiglio direttivo della Banca entrale europea inoltre aveva chiesto con decisione di ridurre significativamente i costi degli stipendi del pubblico impiego: da qui il blocco della contrattazione collettiva e il ritardo di un anno della progressione di carriera.
C’è inoltre la questione della definizione delle regole sulla mobilità e le assenze tipiche (assenze per malattia, permessi e congedi).
Per queste regole c’è una deroga in vigore dal 2019, protette anche da una clausola che annulla automaticamente eventuali disposizioni di legge che contrastano con esse.
Potrebbe accadere che nel nuovo contratto queste deroghe perdano copertura legale e quindi diventerebbero nulle: a quel punto si potrebbe ritornare a quanto previsto dal decreto 278/2000, cioè attribuzione dei permessi familiari solo in caso di gravi motivi; per l’astensione facoltativa si tornerebbe all’intera retribuzione al 30% e non un mese al 100% come dispone l’attuale contratto.