Un milione e 700 mila euro in contanti che gli sono stati trovati agli inizi di settembre nell’intercapedine del soffitto di Francesca Persi, sua collaboratrice. Un esemplificativo caso di intestazione fittizia di beni quello operato negli ultimi giorni da Fabrizio Corona, noto ai più per la sua controversa attività da paparazzo.
Corona attraverso i suoi legali aveva sostenuto che i proventi erano frutto del «nero» del suo lavoro. Un’ipotesi che non ha convinto gli investigatori che ora stanno estendendo i controlli anche all’estero alla ricerca del tesoro dell’ex fotografo.
Quei soldi erano fatti passare per quelli della sua collaboratrice Francesca Persi. Il denaro sequestrato corrisponde a circa il doppio “dei redditi netti risultati dalle dichiarazioni Irpef” negli ultimi nove anni. Così scrive il Tribunale di Milano nel decreto di sequestro della somma in nero nascosta.
Il procuratore aggiunto della Dda Ilda Boccassini e il pm Paolo Storari, che hanno chiesto e ottenuto l’arresto di Corona per intestazione fittizia di beni, hanno contestato all’ex agente fotografico la “professionalità nel reato”, prevista nell’articolo 105 codice penale.
L’articolo 105 del codice penale recita che “chi, trovandosi nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualità, riporta condanna per un altro reato, è dichiarato delinquente o contravventore professionale, qualora, avuto riguardo alla natura dei reati, alla condotta e al genere di vita del colpevole e alle altre circostanze indicate nel capoverso dell’articolo 133, debba ritenersi che egli viva abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi del reato”.