stazione appaltanteNuovi e più imponenti obblighi gravano sugli operatori economici che, aggiudicatisi una gara e subentrando in un appalto in essere, acquisiscono il personale precedentemente impiegato dall’appaltatore sostituito.

 

Il nuovo art. 30 Legge 7/7/2016, n. 122 prevede infatti l’estensione, a favore dei lavoratori che “passano” da un appaltatore all’altro, della tutela di cui all’art. 2112 cod.civ. tutte le volte in cui NON vi siano apprezzabili “elementi di discontinuità aziendale” con il precedente appaltatore.

 

Ma facciamo un passo indietro.

 

Il precedente art. 29, comma 3, D.Lgs.n. 276/2003 (“Legge Biagi”) disponeva che in nessun caso si aveva il “trasferimento di azienda” – idoneo, da solo, ad azionare i diritti di cui all’art. 2112 cod.civ. – tutte le volte in cui vi era subentro in un appalto ed il nuovo appaltatore acquisiva il personale della ditta precedentemente appaltatrice.

 

Qual’era tuttavia la conseguenza? Il lavoratore non poteva rivendicare alcun diritto nei confronti del nuovo appaltatore per gli eventuali crediti vantati nei confronti del precedente datore di lavoro, non trovando applicazione (appunto) le garanzie dell’art. 2112 cod.civ..

 

La questione non era di poco conto se si pensa a tutti i subentri negli appalti (soprattutto in ambito privatistico) per inadempimenti e/o stati di decozione e/o perdite della regolarità contributiva dell’appaltatore; in tali ipotesi i crediti retributivi eventualmente riferiti agli ultimi stipendi, inclusivi del TFR, il piu’ delle volte non venivano onorati dal vecchio datore di lavoro, né passavano al nuovo appaltatore, obbligando così il lavoratore ad un vero e proprio “calvario” per tentarne il recupero.

 

Per tale ragione la Commissione Europea aveva richiamato, a più riprese, l’Italia per non aver recepito le normative comunitarie a tutela dei diritti dei lavoratori.

 

Con la Legge n. 122/2016, segnatamente all’art. 30, lo Stato Italiano finalmente raccoglie i desiderata comunitari e riformula, di fatto, l’art. 29, comma 3, D.Lgs.n. 276/2003, inserendo la necessità – affinchè non possa configurarsi alcun trasferimento d’azienda (e quindi estensione della tutela lavoristica) – che vi siano evidenti “elementi di discontinuità” tra il vecchio ed il nuovo appaltatore, tali da consentire la non applicabilità dell’art. 2112 cod.civ. (di cui si è detto sopra).

 

La legge non è chiara nello specificare cosa si debba intendere con il termine “discontinuità”, ma è facile intuire che esisterà la solidarietà tra appaltatori (a tutela dei lavoratori “passati”) tutte le volte in cui vi sia un mero “cambio di casacca”, mentre, nell’ipotesi di una diversa organizzazione del lavoro, con utilizzo di nuovi e diversi mezzi d’impresa ecc, in tal caso allora non si potrà configurare la tutela di cui all’art. 2112 cod.civ..

 

In attesa comunque di verificare come la giurisprudenza interpreterà detta nuova disposizione, è importante segnalare come la modifica tuttavia avrà un forte impatto pratico, in quanto applicabile tutte le volte in cui un’impresa subentri in un appalto limitandosi ad utilizzare i mezzi e l’organizzazione dell’ex appaltatore.

 

Il serio rischio del subentrante, infatti, sarà quello di doversi sobbarcare costi non preventivati e relativi ad eventuali inadempienze del precedente appaltatore.