OnlusIl legislatore ha dettato una disciplina assai rigorosa per limitare la fruizione dei benefici fiscali agli enti effettivamente meritevoli ed evitare qualsiasi utilizzo elusivo. Ecco un’analisi su alcune delle principali questioni dibattute in giudizio e il relativo orientamento della Cassazione.

 

Nel primo contributo, il controllo preventivo degli statuti e/o degli atti costitutivi: dall’interpretazione delle norme alle conferme giurisprudenziali. Gli enti che intendono acquisire la qualifica di Onlus, devono iscriversi, come previsto dall’articolo articolo 11 del Dlgs 460/1997 e dal Dm 18 luglio 2003, n. 266, nell’apposita Anagrafe unica.

 

In particolare, ai sensi dell’articolo 3 del Dm 266, la direzione regionale, senza preclusione per la successiva attività di accertamento, effettua un controllo formale che consiste nel riscontro della regolare compilazione del modello di comunicazione, della sussistenza dei requisiti indicati nell’articolo 10 del Dlgs 460/1997 come pure dell’allegazione della dichiarazione sostitutiva (o degli altri documenti previsti: statuto o atto costitutivo). Entro 40 giorni dal ricevimento della comunicazione, svolto il controllo formale, la direzione regionale iscrive l’ente nella Anagrafe delle Onlus, dandone notizia al soggetto, o comunicando la mancata iscrizione. In quest’ultima ipotesi, evidenzia i motivi in base ai quali è formulato il diniego.

 

Il controllo svolto dalla direzione regionale è di tipo formale e documentale: in questa fase, infatti, l’ufficio verifica unicamente che l’attività dell’aspirante Onlus rientri tra quelle previste dall’articolo 10 comma 1, primo periodo, del Dlgs 460 e ciò soprattutto in riferimento alla tipologia e alle relative modalità di svolgimento dell’attività dichiarata. Scopo del controllo è altresì il riscontro dell’inserimento nello Statuto o nell’atto costitutivo di tutte le clausole previste dall’articolo 10, lettere da a) a i) del Dlgs 460. Infine, con riferimento alle attività “a solidarietà condizionata”, l’ufficio verifica che le stesse siano direttamente rivolte a soggetti svantaggiati. Lo svantaggio, ai sensi del richiamato articolo 10, comma 2, deve essere valutato in ragione di condizioni fisiche, economiche, sociali o familiari.

 

Il controllo “preventivo” di cui si è appena detto non si sostituisce e non può essere sostituito dal successivo ed eventuale controllo “sostanziale”, attraverso il quale l’ufficio verifica di fatto lo svolgimento dell’attività secondo i canoni recati dalla disciplina Onlus. Come chiarito dall’Amministrazione finanziaria con circolare 22/2005, il controllo preventivo esercitato in sede di iscrizione, “è finalizzato, tra l’altro, ad impedire l’utilizzo, anche se temporaneo, dei benefici fiscali da parte di soggetti privi sin dall’inizio dei requisiti richiesti dall’art. 10 del D. Lgs. n. 460/1997”. Nella stessa circolare è evidenziato come lo scopo che si intende perseguire è quello di “evitare una successiva dispendiosa attività, da parte dell’Amministrazione Finanziaria, indirizzata al recupero dei tributi non corrisposti da tali soggetti”.

 

Anche la giurisprudenza di legittimità è allineata all’interpretazione fornita con la citata prassi amministrativa. Infatti, la suprema Corte a sezioni unite, con sentenza 9661/2009, ha chiarito che, ai fini dell’iscrizione dell’ente all’Anagrafe, il controllo preventivo è di natura meramente formale, basandosi esclusivamente sui documenti che sono stati presentati insieme alla comunicazione. In particolare, nella sentenza i giudici affermano che “per l’iscrizione…è sufficiente il mero controllo formale della sussistenza dei requisiti, che avviene sulla base di una semplice «comunicazione» alla Agenzia delle Entrate da parte degli interessati…così come è previsto dal D.M. n. 266 del 2003, artt. 1,2 e 3…”.

 

Successivamente, con sentenza 14371/2011, la stessa Corte ha affermato che “i requisiti formali previsti dal D. Lgs. n. 460 del 1997, art. 10, non possono ritenersi surrogabili con il concreto accertamento della fattuale osservanza dei precetti della norma, sia per la non equivoca lettera della legge sia per il fatto che si tratta (cfr Cass. 11986/09, 7653/09) di norma di stretta interpretazione”. Infine, con la più recente sentenza 16726/2015, i Giudici, pur riconoscendo la preferenza a una lettura non eccessivamente formalistica delle norme contenute negli statuti degli enti associativi,hanno tuttavia affermato che “al fine di riscontrarvi la previsione dei requisiti per l’applicazione della normativa sulle Onlus (…) –– non si può supportare con tale condivisibile propensione la tesi (…) che finisce col prescindere del tutto dal rispetto di requisiti formali (antielusivi) rigorosamente stabiliti dalla legge. Codesti requisiti non sono surrogabili con il concreto accertamento di un osservanza fattuale dei precetti relativi alle modalità di svolgimento dell’attività (v. Sez. 5^ n. 14371-11), atteso che la norma di cui all’art. 10 del d.lgs. n. 460 del 1997 è di stretta interpretazione (cfr. Sez. 5^ n. 11986-09 e n. 7653-09), e atteso che la mancanza anche di uno solo dei requisiti detti determina (non solo la cancellazione dall’anagrafe delle Onlus, ma anche e comunque) il venir meno delle condizioni di riconoscimento del regime agevolato”.

 

Secondo un orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità, quindi, il controllo preventivo di tipo documentale, così come svolto dagli uffici, non si traduce in puro e semplice formalismo, in quanto risponde alla finalità di impedire, ai soggetti che manifestamente non corrispondono alla tipologia prefigurata dal legislatore, la fruizione di benefici fiscali conseguenti all’iscrizione nell’Anagrafe. Al riguardo, si richiama la pronuncia 18396/2015, con la quale la Cassazione hanno evidenziato come il legislatore ha configurato per le Onlus “una disciplina estremamente rigorosa, chiaramente e fortemente mirata a limitare la concessione delle previste (numerose) agevolazioni fiscali agli enti effettivamente meritevoli e, per converso, ad evitare qualsiasi ipotesi di utilizzazione a fini elusivi dell’istituto, adoperato come schermo per lo svolgimento in concreto di attività non solidaristiche, ma aventi natura e scopo sostanzialmente commerciali”.

 

Sempre nella medesima sentenza hanno inoltre statuito che “se un ente intende assumere (attraverso l’iscrizione nella relativa anagrafe) e mantenere la qualifica di ONLUS è tenuto alla rigida osservanza, sia sul piano delle prescrizioni formali, sia sotto il profilo dello svolgimento in concreto dell’attività, di ciascuna delle prescrizioni dettate dalla legge, e, d’altro canto, che queste devono essere soggette a stretta interpretazione”.