deduzione ACE investimentiAl netto dell’inflazione, tra il 2007 e il 2015 gli investimenti in Italia sono scesi di ben 109,7 miliardi di euro, pari, in termini percentuali, a una diminuzione di 29,8 punti. Nessun altro indicatore economico ha registrato una contrazione percentuale così importante. In termini reali, fa sapere l’Ufficio studi della CGIA, l’anno scorso lo stock investito è stato pari a 258,8 miliardi di euro.

 

I settori che hanno subito la riduzione più pesante sono stati i mezzi di trasporto (autoveicoli, automezzi aziendali, bus, treni, aerei, etc.), in flessione del 49,3 per cento (-12,4 miliardi di euro), i fabbricati non residenziali (capannoni, edifici commerciali, opere pubbliche, etc.), con un calo del 43,5 per cento (-44 miliardi). I comparti dei computer/hardware e dell’abitazione hanno invece fatto segnare una variazione negativa del 28,6 per cento (i primi -1,8 miliardi, il secondo -28,7 ). Pesanti anche le cadute subite dal settore degli impianti e dei macchinari (che non include i mezzi di trasporto, i computer/hardware e le telecomunicazioni), che ha registrato una variazione negativa del 27,5 per cento (-23,9 miliardi). Solo le telecomunicazioni (+ 10,2 per cento) e le attività riconducibili alla ricerca e sviluppo (+11,7 per cento) non hanno risentito della crisi. Nell’ultimo anno, comunque, abbiamo invertito la tendenza. Se nel 2014 l’ammontare complessivo degli investimenti era stato di 256,7 miliardi, nel 2015 è salito a 258,8 (+ 0,8 per cento) (vedi Tab. 1).

 

Le imprese sono il settore istituzionale che in misura superiore agli altri ha “tagliato” di più. Sempre nel periodo tra il 2007 e il 2015, la contrazione in termini reali degli investimenti è stata del 31,5 per cento. Seguono le amministrazioni pubbliche (-28,2 per cento), le famiglie consumatrici (-27,5 per cento) e le società finanziarie (-3,5 per cento). L’Ufficio studi della CGIA ricorda che, posto pari a 100 il totale degli investimenti nominali presenti in Italia nel 2015, il 60 per cento circa era riconducibile alle imprese e un altro 25 per cento circa alle famiglie consumatrici.