L’atto con il quale il contribuente è stato invitato a fornire chiarimenti in merito alla propria dichiarazione fiscale produce i suoi effetti anche nel caso in cui lo stesso, in giacenza presso l’ufficio postale, non è ritirato dall’interessato nei termini di legge. Così ha concluso la Cassazione, con l’ordinanza 14147 dell’11 luglio 2016, in relazione a una “comunicazione di irregolarità”, spedita a mezzo raccomandata, restituita all’ufficio per “compiuta giacenza”.
La vicenda processuale
Una società impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale la cartella di pagamento emessa all’esito del controllo automatizzato ex articolo 36-bis del Dpr 600/1973, sostenendone la nullità per l’asserito mancato invio della previa “comunicazione di irregolarità”.
La Ctp accoglieva parzialmente il gravame, con pronuncia che, a seguito di appello dell’Agenzia, veniva riformata dal giudice regionale. Il collegio di seconde cure – dopo aver dato atto che nel fascicolo di causa era presente l’avviso di ricevimento di una raccomandata, inviata dall’ufficio al contribuente, con la quale si comunicava l’avvenuto controllo della dichiarazione e l’irregolarità in essa riscontrata – osservava che l’interessato non si era attivato nei termini di legge per usufruire del beneficio della riduzione a un terzo delle sanzioni e che, pertanto, del tutto legittimamente l’ufficio aveva provveduto a emettere la cartella di pagamento.
Nel ricorso per cassazione, la parte privata denunciava la violazione di una serie di norme in tema di notificazione di atti tributari (specificamente, degli articoli: 26 del Dpr 602/1973; 3 della legge 890/1982; 60 del Dpr 600/1973; 6, comma 5, della legge 212/2000, “Statuto del contribuente”), lamentando che il giudicante non aveva fornito motivazione circa l’idoneità della raccomandata, restituita al mittente per “compiuta giacenza”, a costituire il presupposto per il recupero coattivo a suo carico. Asseriva, in particolare, l’inosservanza dell’articolo 6 della legge 212/2000 nella parte in cui prevede che “L’amministrazione finanziaria deve assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati”, osservando che nella specie l’“effettiva conoscenza” dell’atto non si era verificata.
La pronuncia della Corte
Il Collegio supremo ha respinto il ricorso, confermando la pronuncia di secondo grado. Nel ricostruire la vicenda, la Corte ricorda innanzitutto che, in base all’articolo 36-bis del Dpr 600/1973, l’esito della liquidazione è comunicato per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, mentre, in ossequio all’articolo 6 dello “Statuto del contribuente”, in caso di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, il contribuente deve essere invitato, anche a mezzo del servizio postale, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta.
Ebbene, spiega l’ordinanza in commento, in queste ipotesi “nessuna procedura di ‘notifica’ è imposta dalla legge… che parla di ‘comunicazione’ e di ‘invito …a mezzo del servizio postale’”. Di conseguenza, chiosa la pronuncia, non possono essere invocati i vizi che attengono alla procedura di notifica, trattandosi invece di comunicazione, per la quale è stabilito un regime in virtù del quale, laddove la stessa risulti regolarmente indirizzata al contribuente e poi restituita al mittente “per compiuta giacenza”, a causa dell’omesso ritiro da parte del destinatario, nessun rimprovero può muoversi all’Amministrazione finanziaria perché il contribuente “può imputare solo a se stesso il difetto della conoscenza effettiva dell’atto”.
Osservazioni
La disciplina relativa agli strumenti finalizzati a realizzare la conoscenza di atti tributari in capo a soggetti specificamente individuati (diversi dunque dalla “pubblicazione”, rivolta a destinatari indeterminati) prevede essenzialmente due modalità, vale a dire la comunicazione e la notificazione. La differenza essenziale tra dette modalità consiste nel fatto che, mentre attraverso la comunicazione si trasmette una notizia relativa a un atto o un fatto, con la notificazione la trasmissione della conoscenza avviene attraverso la consegna di una copia di un atto, conforme all’originale che in genere resta nella disponibilità del mittente.
Tra le ipotesi di atti tributari che vengono portati a conoscenza del contribuente attraverso la comunicazione, vi sono, ad esempio: l’“avviso bonario” previsto dal richiamato articolo 36-bis(concernente l’esito dei controlli automatici effettuati in sede di liquidazione della dichiarazione); la comunicazione dell’esito del controllo formale prevista dal successivo articolo 36-ter; la comunicazione dell’esito dell’attività di liquidazione sui redditi soggetti a tassazione separata. Dette comunicazioni, ove eseguite a mezzo del servizio postale, sono inviate tramite raccomandata, vale a dire mediante l’“invio a firma”, nel senso che il relativo piego è consegnato al destinatario o ad altra persona abilitata alla ricezione dietro firma per ricevuta (vedi articolo 32, Dm 9 aprile 2001, recante “Approvazione delle condizioni generali del servizio postale”).
In caso di assenza all’indirizzo indicato, il destinatario e altre persone munite di apposita delega possono ritirare l’atto presso l’ufficio postale di distribuzione entro un termine, cosiddetto di giacenza, fissato dall’articolo 49 del citato Dm in trenta giorni a decorrere dal mancato recapito (a tal fine, l’agente postale rilascia un avviso di giacenza, che viene inserito nella cassetta della corrispondenza dell’interessato). Per assicurare l’esito definitivo del procedimento di comunicazione ed evitare che il destinatario ne ostacoli la conclusione non ritirando volontariamente l’atto, la legge, a garanzia del mittente, prevede che, terminato inutilmente il periodo di giacenza, l’atto produca i suoi effetti perché considerato, comunque, conosciuto. Come spiegato nella pronuncia in esame, laddove la comunicazione sia stata correttamente indirizzata al contribuente, nessun rimprovero può esser mosso all’ufficio, perché il difetto di conoscenza effettiva dell’atto è addebitabile soltanto all’interessato il quale, pur posto in condizione di effettuare il ritiro, ha scientemente omesso di provvedervi.
La medesima situazione si verifica relativamente agli atti notificati a mezzo del servizio postale tramite la raccomandata “per atti giudiziari”, per i quali l’articolo 8 della legge 890/1982 stabilisce che, laddove l’atto non possa essere recapitato per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone abilitate alla ricezione, il piego è depositato presso l’ufficio postale preposto e di tale deposito è data notizia all’interessato mediante avviso in busta chiusa, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Anche in mancanza di ritiro del piego in giacenza, la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della raccomandata contenente l’avviso di deposito.
Sostanzialmente, quindi, l’odierna pronuncia estende alle comunicazioni i criteri, già elaborati rispetto alle notificazioni, secondo cui il rispetto delle regole procedimentali fissate dalla legge consente di “considerare convenzionalmente intervenuta la conoscenza degli atti…, indipendentemente dal fatto che una effettiva conoscenza dei medesimi vi sia stata” (Cassazione, 26501/2014); mentre “l’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario, pur costituendo lo scopo della notificazione, rimane estranea alla sua struttura” (Cassazione, sezioni unite, 23675/2014).