operazione fusione fiscoLe disposizioni introdotte dal decreto internazionalizzazione trovano applicazione anche per l’operazione con cui una società italiana incorpora la propria controllata lussemburghese. La disciplina prevista dall’articolo 166-bis del Tuir, riguardante le modalità di attribuzione dei valori fiscali alle attività e passività dei soggetti che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato, si applica ai soggetti titolari di reddito d’impresa nell’ordinamento domestico, a prescindere dall’attività concretamente svolta dai medesimi.

 

Questo il primo dei tre chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 69/E, pubblicata oggi.

 

L’articolo 166-bis del Tuir è stato introdotto nell’ordinamento, a partire dal periodo di imposta 2015, dal recente decreto internazionalizzazione (Dlgs 147/2015). Prevede, nello specifico, che i soggetti che esercitano imprese commerciali provenienti da Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni con l’Italia, che, trasferendosi nel territorio dello Stato, acquisiscono la residenza ai fini delle imposte sui redditi, assumono, quale valore fiscale delle attività e delle passività, il valore normale delle stesse (determinato ai sensi dell’articolo 9), a prescindere dal pagamento di una exit tax nello Stato di “uscita”.

 

Precedentemente, non era previsto alcun criterio per attribuire il valore di ingresso ai beni dei soggetti che si trasferivano in Italia. Si applicava, pertanto, il principio generale indicato nellarisoluzione 345/E del 2008 (ancora valido per le annualità precedenti al 2015). In estrema sintesi, era riconosciuto il valore corrente degli asset quando lo Stato di provenienza assoggettava a tassazione in via ordinaria i maggiori valori ivi formatesi. In caso contrario, si faceva riferimento al costo storico, posto alla base degli ordinari principi di determinazione del reddito d’impresa.

 

La risposta, fornita dall’Amministrazione in seguito a una istanza di interpello presentata da una società italiana che, con atto di fusione, aveva incorporato una società residente in Lussemburgo, si articola in tre punti fondamentali che si riassumono di seguito:

 

Primo quesito

 

Come anticipato in premessa, la disciplina prevista dall’articolo 166-bis trova applicazione anche per una società che nello Stato di provenienza non dispone di una vera e propria azienda funzionale all’esercizio di un’attività commerciale, ma si limita a detenere partecipazioni in altri enti, tra l’altro immobiliari. In linea generale, infatti, il presupposto consistente nell’esercizio di un’impresa commerciale, cui è subordinato il regime in esame, si riferisce a tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa secondo l’ordinamento domestico, a prescindere dall’attività economica concretamente svolta dai medesimi.

 

Secondo quesito

 

Le disposizioni contenute nell’articolo 166-bis trovano applicazione qualora l’operazione si sostanzi in un trasferimento nel territorio dello Stato della società lussemburghese a seguito e per effetto dell’operazione di fusione con una società italiana, con le stesse conseguenze che avrebbe un trasferimento di sede della medesima società nel nostro Paese. Tale regime, infatti, fa riferimento ai soggetti che trasferendosi nel territorio dello Stato acquisiscono la residenza ai fini delle imposte sui redditi.

 

Terzo quesito

 

Il valore normale può essere riconosciuto anche ai beni della società incorporata che non sono più presenti in bilancio in quanto completamente ammortizzati o il cui valore contabile sia inferiore al fair value. Il conseguente riconoscimento di una maggiore quota di ammortamento fiscale, rispetto a quella risultante in contabilità, sarà possibile ai sensi dell’articolo 109, comma 4, lettera b) del Tuir che prevede la deduzione dei componenti negativi che pur non essendo imputati al conto economico, sono deducibili per disposizioni di legge.