monetizzazione ferie supplentiI lavoratori hanno diritto, ogni anno, ad almeno quattro settimane di ferie, indipendentemente dallo stato di salute. In caso di cessazione del rap­porto di lavoro su richiesta del di­pendente questo ha comunque di­ritto a un’indennità per le ferie non godute. Lo stabilisce la corte di giustizia Ue nella sentenza alla causa C/341/15.

 

La domanda di pronuncia pre­giudiziale è stata presentata dal tribunale amministrativo vienne­se nell’ambito di una controversia instaurata da un dipendente pub­blico per la corresponsione del­l’ «indennità finanziaria» per ferie maturate e non godute alla cessa­zione del rapporto di lavoro, avve­nuta per la richiesta di colloca­mento in pensione avanzata dallo stesso lavoratore a partire dal 1° luglio 2012. Il cittadino, però, in virtù di un accordo con l’amministrazione non si è presentato al lavoro tra il 1° gennaio 2011 e il 30 giugno 2012 continuando a percepire lo stipendio e per un mese e mezzo (dal 15 novembre al 31 dicembre 2010), è stato in congedo per malattia.

 

Dopo il pensionamento, il lavoratore ha chiesto il pagamento dell’indennità per ferie annuali non godute, sostenendo di essersi nuovamente ammalato poco prima del pensionamento. Il datore di lavoro ha respinto la richiesta, sostenendo che, ai sensi della normativa sul lavoro pubblico, un lavoratore che, di propria iniziativa, cessa il rapporto di lavoro, in particolare chiedendo di essere collocato a riposo, non ha diritto all’indennità per ferie non godute. Il lavoratore ha quindi fatto ricorso al tribunale di Vienna, il quale ha chiesto alla Corte Ue di pronunciarsi sulla compatibilità della normativa nazionale (Vienna) con i principi della direttiva Ue 2003/88.

 

La Corte di giustizia europea ha rigettato l’interpretazione dell’amministrazione. Secondo i giudici della Corte la direttiva 2003/88/Ce prevede non solo che ogni lavoratore debba be­neficiare di un periodo di ferie annuale retribuito di almeno quattro settimane, ma altresì che il periodo minimo di ferie non possa essere sostituito da un’indennità «salvo in caso di fine rapporto». La Corte ha quindi rilevato co­me il legislatore comunitario­ nel prevedere comunque l’erogazio­ne di tale indennità alla cessazione del rapporto lavorativo ­abbia considerato del tutto irrilevante il motivo per cui il rapporto di lavo­ro si sia risolto. Pertanto, secondo la Corte, all’amministrazione pubblica non è concesso privare al lavoratore delle ferie per il periodo in questione e che, dato che il rapporto di lavoro è cessato a causa della domanda di pensionamento, al lavoratore spetta la relativa indennità per ferie annuali non godu­te. Ciò perchè le ferie sono state maturate ma il lavoratore, per via del collocamento in pensione, non è stato in grado di usufruirne in misura piena prima della fine del rapporto.

 

Infine con riferimento alla questione relativa alla cau­sale della mancata fruizione delle ferie, la Corte ha evidenziato come, nel ca­so di specie, fosse necessario ef­fettuare una differenziazione tra il periodo di mancata fruizione a causa della malattia del dipendente e, dall’altro, il periodo di manca­ta prestazione lavorativa in forza dell’accordo concluso con il dato­re di lavoro. Ebbene, la Corte­ ricorda che nell’ipotesi in cui, pur a fronte della correspon­sione della retribuzione, la prestazione lavorativa non sia dovuta in virtù di un accordo tra le parti, il lavoratore non ha diritto all’inden­nità per ferie annuali retribuite non godute durante tale periodo, salvo che lo stesso non abbia potuto fruire del periodo di ferie a causa di malattia.­