Ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, la cessione di un terreno con sovrastante fabbricato vetusto, alla quale segue richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato esistente, deve essere riqualificata quale compravendita di terreno edificabile, dovendo il negozio essere sottoposto a tassazione in ragione degli effetti giuridici che oggettivamente produce. È il principio affermato dalla Corte di cassazione nell’ordinanza 12062 del 13 giugno 2016.
La vicenda processuale
Il contenzioso esaminato dai giudici di legittimità trae origine dal ricorso proposto dalle parti di un atto di compravendita di fabbricato avverso un avviso di rettifica e liquidazione con il quale l’ufficio aveva accertato un maggior valore dell’immobile ceduto, riqualificando l’operazione quale “compravendita di terreno edificabile”, in applicazione dell’articolo 20 del Dpr 131/1986. In particolare, l’Agenzia delle Entrate aveva proceduto a riqualificare l’operazione – prescindendo da quella operata dalle parti in atto (“cessione di fabbricato”) – alla luce di elementi tali da far ritenere che la reale intenzione dei contraenti fosse quella di cedere un’area edificabile, come, tra l’altro, l’avvenuta presentazione di una richiesta di demolizione del fabbricato da parte del venditore anteriormente alla cessione, poi volturata a nome della società acquirente.
La Commissione tributaria provinciale di Rimini accoglieva il ricorso dei contribuenti quanto alla riqualificazione dell’operazione, mentre confermava il maggior valore accertato dall’ufficio.
Ricorrevano in secondo grado sia le parti sia l’Agenzia; la Ctr di Bologna accoglieva l’appello principale proposto dai contribuenti e rigettava l’impugnazione incidentale dell’ufficio, ritenendo corretta la qualificazione giuridica dell’operazione. Ciò in quanto, “Tale qualificazione non può che essere quella dichiarata in atti, anche perché … lo sfruttamento delle potenzialità edificatoria dell’area era strettamente legato all’esistenza del fabbricato compravenduto e non al terreno sottostante, prevedendo lo strumento edilizio in caso di demolizione la fedele ricostruzione”. La Ctr riteneva poi parimenti corretta la decisione di primo grado per la parte concernente l’accertamento del valore.
Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso in Cassazione l’Amministrazione finanziaria.
La decisione
La Corte di cassazione, con la pronuncia in commento, ha ritenuto fondata la censura mossa dall’Amministrazione finanziaria sulla base della natura e della funzione dell’articolo 20 del Dpr 131/1986 nell’ambito dell’imposizione di registro. Tale disposizione, in particolare, secondo il consolidato orientamento dei giudici di legittimità, prevede che il trattamento fiscale ai fini dell’imposta di registro, in relazione all’atto presentato alla registrazione, debba essere individuato avendo riguardo al contenuto delle clausole negoziali e agli effetti giuridici prodotti dall’atto medesimo. Si prescinde, cioè, dal nomen iuris attribuito dalle parti ossia dal dato formale, il quale può essere disatteso ove difforme dal reale intento perseguito dalle parti, dall’effettivo contenuto e dallo scopo complessivo delle diverse pattuizioni negoziali.
In applicazione di tale principio generale, la Cassazione, con riguardo alla fattispecie in argomento, ha ribadito che “in materia di imposta di registro, nel caso di vendita di terreno con sovrastante fabbricato vetusto, la successiva richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato, comporta la riqualificazione dell’atto quale vendita di terreno edificabile e la conseguente rettifica dell’imposta, dovendo il negozio essere sottoposto a tassazione in ragione degli effetti giuridici che oggettivamente produce”.
La Corte suprema ha ritenuto viziata la sentenza della Ctr in quanto non si è attenuta a tale principio laddove ha erroneamente escluso di potere considerare, ai fini della qualificazione giuridica di un atto negoziale, il compendio di elementi che potevano consentire l’individuazione del reale intento negoziale, limitando la propria indagine al contenuto testuale dell’atto negoziale. Il giudice del merito, in particolare, per individuare gli effetti giuridici oggettivamente prodotti dall’atto, “avrebbe dovuto esaminare gli atti richiamati dall’ufficio a sostegno della riqualificazione ed indicati nella richiesta di DIA con demolizione del preesistente fabbricato e successivo rilascio”.
Nello specifico, la Cassazione ha riqualificato l’atto di compravendita in cessione di “area edificabile” in considerazione di una pluralità di elementi di fatto attestanti l’effettiva regolamentazione di interessi attuata dalle parti, tra cui:
- la circostanza che la società acquirente si occupava di demolizione, costruzione e ristrutturazione di edifici
- la società acquirente, pochi giorni dopo l’acquisto, aveva presentato domanda di concessione edilizia, contraendo anche un mutuo per la realizzazione del fabbricato da costruire
- il prezzo del bene dichiarato in atto era pari a circa dieci volte il valore catastale dell’immobile.