default argentinaRaggiunto l’accordo per gli investitori italiani colpiti dal default dello Stato sudamericano nel 2001: sarà loro restituito il capitale versato, con una ulteriore maggiorazione. Tassazione sostitutiva con aliquota del 12,50 per cento. È questo il trattamento fiscale da applicare al rimborso – deciso nell’ambito dell’arbitrato avviato dinanzi all’apposito organismo della Banca mondiale – dei titoli obbligazionari emessi dall’Argentina.

 

A fissare la misura del prelievo sulla plusvalenza, costituita dalla differenza tra la somma rimborsata e il costo o valore di acquisto del titolo aumentato di ogni onere inerente alla relativa produzione, la circolare n. 30/E del 28 giugno 2016.

 

La vicenda risale al dicembre 2001, quando, a valle della crisi economica sofferta tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo secolo, l’Argentina decretò l’interruzione del pagamento degli interessi sui titoli obbligazionari emessi e la sospensione del rimborso alla scadenza.

 

Nel 2005, la Repubblica sudamericana promosse una Offerta pubblica di scambio volontaria(articolo 102 del Dlgs 58/1998 – Testo unico della finanza), con la quale fu offerto ai risparmiatori di scambiare le “vecchie obbligazioni” con una serie di “nuove obbligazioni”, emesse dallo stesso Stato.

 

Alcuni investitori italiani aderirono alla proposta, altri si rivolsero all’organismo arbitrale della Banca mondiale (Centro internazionale per la risoluzione delle controversie relative agli investimenti), avviando un arbitrato secondo le disposizioni del Trattato bilaterale 22 maggio 1990 tra la Repubblica italiana e quella argentina sulla promozione e protezione degli investimenti.

 

Il 21 aprile 2016, a compimento di tale arbitrato, è stato firmato un accordo che prevede il pagamento in denaro di un importo pari al 150% del valore nominale delle obbligazioni oggetto dell’arbitrato. In altre parole, a fronte della restituzione allo Stato emittente – per il relativo annullamento – delle obbligazioni in possesso degli investitori italiani, questi ultimi riceveranno una somma pari alla restituzione del capitale investito, con una ulteriore maggiorazione.

 

Trattamento fiscale della plusvalenza

 

Considerato che, nonostante la dichiarazione di moratoria dei titoli, l’investimento finanziario ha comunque prodotto un rendimento positivo, l’Agenzia delle Entrate ritiene che, in caso di somme percepite al di fuori dell’esercizio di arti, professioni o imprese, la differenza tra l’importo rimborsato e il costo o valore di acquisto del titolo, aumentato di ogni onere inerente alla relativa produzione (articolo 68, comma 6, del Tuir), sia da trattare come una plusvalenza imponibile, soggetta all’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi (articolo 5, comma 2, Dlgs 461/1997). Trattandosi di redditi derivanti da obbligazioni emesse da Stati esteri che consentono un adeguato scambio di informazioni nei confronti di persone fisiche che li percepiscono al di fuori dell’attività d’impresa, non si applicano gli ultimi aumenti dell’aliquota d’imposta. Pertanto, l’imposta sostitutiva sarà applicata nella misura del 12,50 per cento.