ingegneri 2Gli eurogiudici chiamati a fornire una interpretazione della normativa comunitaria nell’ambito di una controversia che ha per protagoniste alcune società commerciali senza scopo di lucro. Le società ricorrenti, protagoniste del procedimento principale, sono “società commerciali senza scopo di lucro”, costituite per la realizzazione e lo sfruttamento di opere di ingegneria rurale, ossia sistemi di canalizzazione per l’evacuazione delle acque, un deposito per acqua e una cisterna da utilizzarsi in caso di alluvioni su terreni di proprietà dei loro soci.

 

Dette società, da un lato, ricevono sovvenzioni da parte dello Stato e dell’Unione Europea per il finanziamento di tali opere e, dall’altro, percepiscono per un periodo di otto anni dai proprietari dei terreni interessati un canone di utilizzo di modesta entità per l’utilizzo delle opere di ingegneria. Le opere di realizzazione sono state affidate ad una società terza, la quale ha emesso regolari fatture contenenti l’Iva, che le ricorrenti hanno detratto nelle loro dichiarazione dei redditi. La controversia è sorta a seguito della negazione alla detrazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria ungherese, dell’Iva relativa alle fatture ricevute dalle società ricorrenti per carenza del requisito soggettivo trattandosi, a parere dell’Ufficio, di società che non svolgono un’attività economica classificabile come “prestazione di servizi”, né a favore dei soci né di terzi.

 

D’altro canto gli introiti di modesta entità ricevuti non risponderebbero neanche alla nozione di “corrispettivo” ai sensi della legge sull’Iva. Avverso l’atto di diniego le società hanno interposto ricorso per Cassazione sostenendo che, in quanto società commerciali, hanno la qualifica di soggetto passivo ai fini Iva e il raggiungimento di un profitto non costituirebbe un requisito necessario ai fini della classificazione dell’attività come economica.

 

Il diritto interno – La legge relativa all’imposta sul valore aggiunto vigente in Ungheria dal 2007 prevede la possibilità di costituire società commerciali senza scopo di lucro che abbiano ad oggetto l’esercizio di un’attività economica collettiva non finalizzata al raggiungimento di un profitto.

 

Le questioni pregiudiziali – La Kuria (Corte Suprema d’Ungheria) ha deciso di sospendere il giudizio e di porre la questione dinanzi alla Corte di giustizia europea. Le questioni pregiudiziali intendono chiarire se, ai fini del diritto comunitario, lo sfruttamento di opere di ingegneria rurale da parte di una società commerciale senza scopo di lucro costituisca un’attività economica rilevante ai fini Iva, nonostante tali opere siano state finanziate in misura considerevole mediante aiuti di Stato ed il loro sfruttamento generi solo introiti derivanti dal versamento di un canone di modesta entità da parte dei proprietari dei terreni. Il giudice del rinvio ha chiesto, altresì, di sapere se lo sfruttamento di opere di ingegneria rurale costituisca una prestazione di servizi e se esista un nesso diretto tra tale prestazione e il canone che ne costituisce il corrispettivo.

 

Il giudizio della Corte di giustizia – Al fine di fornire una soluzione alle questioni sollevate, i giudici della Corte di giustizia hanno precisato che “la base imponibile di una prestazione di servizi è costituita da tutto ciò che è percepito quale corrispettivo del servizio prestato e una prestazione di servizi è pertanto imponibile solo quando esista un nesso diretto tra il servizio prestato e il corrispettivo ricevuto”. Dunque, si ravvisa un’operazione imponibile soltanto se esiste -tra il prestatore e utente- un rapporto giuridico, nell’ambito del quale “il compenso ricevuto dal prestatore costituisce il controvalore effettivo del servizio prestato all’utente.” Alla luce di tale principio, l’attività di sfruttamento posta in essere dalle società ricorrenti, consistente nella realizzazione di un sistema di canalizzazione per l’evacuazione delle acque, di un deposito per acqua e di una cisterna da utilizzarsi in caso di alluvioni, costituisce un’attività economica ai sensi della direttiva 2006/112, “se essa è esercitata al fine di ricavarne introiti aventi carattere di stabilità.” Nel caso di specie, lo sfruttamento di tali opere costituisce un’operazione imponibile perché tale attività è finalizzata a ricavarne degli introiti che hanno carattere di stabilità, considerato il periodo di otto anni previsto per la percezione del canone di utilizzo. D’altro canto, a parere degli eurogiudici, il carattere di stabilità non può essere confutato dal fatto che le società ricorrenti possano svolgere solo in via accessoria un’attività economica produttiva di reddito, il che deve far ritenere che lo sfruttamento delle opere di cui si parla rientri nella nozione di attività economica ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, comma 2 della direttiva 2006/112. Inoltre, a nulla rileva che il finanziamento dell’attività provenga da sovvenzioni pubbliche, perché la nozione di “attività economica” ha un carattere oggettivo, indipendentemente “dal modo di finanziamento scelto dall’operatore interessato, anche quando si tratta di sovvenzioni pubbliche.” In ultimo, non si può negare il nesso diretto tra la prestazione di servizi effettuata (o da effettuare) e il corrispettivo percepito (o da percepire) solo in ragione del modesto importo del canone di utilizzo percepito, perché elemento irrilevante ai fini della qualificazione di operazioni a titolo oneroso. Spetterà al giudice nazionale verificare, caso per caso, che il canone previsto non costituisca una remunerazione solo parziale delle prestazioni “e che la sua entità non sia stata stabilita in ragione dell’esistenza di altri fattori eventuali e idonei, se del caso, a rimettere in discussione il nesso diretto tra le prestazioni e il loro corrispettivo.

 

Conclusioni della Corte di giustizia – Sulla scorta di tutte le considerazioni precedenti, la Corte di Giustizia ha concluso sentenziando che:

 

1) l’art. 9, par. 1 della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che lo sfruttamento di opere di ingegneria rurale come quelle di cui al procedimento principale da parte di una società commerciale senza scopo di lucro, che esercita solo in via accessoria tale attività di natura professionale che produce un reddito, costituisce un’attività economica ai sensi di tale disposizione nonostante, da un lato, tali opere siano state finanziate in misura considerevole mediante aiuti di Stato e, dall’altro, il loro sfruttamento generi solo introiti derivanti dal versamento di un canone di modesta entità, qualora tale canone abbia un carattere di stabilità in ragione della prevista durata di riscossione;

 

 2) l’art. 24 della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che lo sfruttamento di opere di ingegneria rurale come quelle di cui al procedimento principale consiste nella realizzazione di prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso, in ragione del fatto che esse hanno un nesso diretto con il canone percepito o da percepire, purché tale canone di importo ridotto costituisca il controvalore del servizio fornito e nonostante la circostanza che tali prestazioni costituiscano l’adempimento di obblighi di legge. Spetterà al giudice del rinvio verificare se l’importo del canone percepito o da percepire, in quanto corrispettivo, dimostri l’esistenza di un nesso diretto tra le prestazioni di servizi effettuate o da effettuare e detto corrispettivo e, di conseguenza, il carattere oneroso delle prestazioni di servizi. Esso dovrà in particolare assicurarsi che il canone previsto dalle ricorrenti nel procedimento principale non costituisca una remunerazione solo parziale delle prestazioni effettuate o da effettuare e che la sua entità non sia stata stabilita in ragione dell’esistenza di altri fattori eventuali e idonei, se del caso, a rimettere in discussione il nesso diretto tra le prestazioni e il loro corrispettivo.”