Il governo sta per modificare le regole dei voucher, rendendoli più tracciabili. Prima di utilizzare un buono lavoro, il datore di lavoro dovrà inviare via sms all’Inps il nome del lavoratore e la durata del rapporto. E lo stesso dovrà essere fatto quando il rapporto si conclude. In caso di violazione scatteranno sanzioni amministrative da 400 a 2.400 euro, in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata emessa la comunicazione. Lo si apprende dalle prime bozze di un decreto legislativo che Palazzo Chigi approverà nel prossimo Cdm per ritoccare, a distanza di un anno, alcune norme già contenute nei vari provvedimenti adottati con il Jobs Act.
Introdotti nel 2008 i voucher servivano per pagare i pensionati e gli studenti che andavano a fare la vendemmia e sono pari a 7 euro e 50 ad ora con un mini-contributo anche sulla pensione. Poi il campo di applicazione è stato esteso a tutti i settori, dal commercio al turismo, fino all’edilizia, un vero e proprio boom certificato dall’Inps: nei primi undici mesi del 2015 sono stati venduti 102,4 milioni di buoni da 10 euro, il 67,5 per cento in più rispetto al corrispondente periodo del 2014, con punte del 97,4 per cento in Sicilia, dell’85,6 per cento in Liguria e dell’83,1 per cento e dell’83 per cento rispettivamente in Abruzzo e in Puglia. Si tratta di una nuova forma di precariato scoperta di recente dalle aziende dato che i lavoratori che usufruiscono dei voucher non hanno alcun diritto né tutele minime, tenuto conto che non si matura il trattamento di fine rapporto, non si maturano ferie, non si ha diritto alle indennità di malattia e di maternità né agli assegni familiari, non si matura il diritto al sussidio di disoccupazione (la cd. Naspi).
Da qui il sospetto che questo strumento possa essere usato soprattutto per «nascondere» lavoratori che sono dipendenti a tutti gli effetti. Pagandoli meno, e senza nessun problema per mandarli via da un momento all’altro. Per questo il Governo correrà ai ripari. Con l’obbligo di sms si potrà tenere traccia della durata del rapporto di lavoro ed evitare che questa si protragga oltre il consentito. Evitando i molti abusi. Lo strumento diventa pienamente tracciabile, modificando l’attuale sistema secondo cui la comunicazione di inizio della prestazione può essere fatta con riferimento ad un arco temporale non superiore ai 30 giorni successivi.
Ma i correttivi potrebbero non fermarsi qui. Il testo del Dlgs interviene anche su altre norme varate dai precedenti decreti del Jobs act. A partire dai contratti di solidarietà: quelli “difensivi” (per evitare licenziamenti) in corso da almeno 12 mesi nonché quelli stipulati prima del 1° gennaio 2016 possono essere trasformati in “espansivi” (favorendo assunzioni). La trasformazione non può prevedere una riduzione d’orario superiore a quella già concordata. Ai lavoratori spetta un’integrazione salariale pari al 50% dell’integrazione prevista prima della trasformazione, e il datore dovrà integrare tale trattamento almeno sino all’importo originario. L’integrazione a carico dell’azienda non è imponibile ai fini previdenziali e i lavoratori beneficiano dell’accredito figurativo. Sulle dimissioni si chiarisce che le disposizioni contenute nel Jobs Act non valgono per i dipendenti pubblici.