patto_di_stabilitaNel 2015 il comparto comunale ha conosciuto una profonda revisione delle regole connesse al Patto di stabilità interno. In particolare, l’introduzione del fondo crediti di dubbia esigibilità (Fcde) nel calcolo complessivo della manovra ha radicalmente modificato gli scenari su cui erano abituati ad agire gli enti sottoposti al vincolo di finanza pubblica. Se da un lato, infatti, le nuove regole hanno effettivamente incentivato gli accantonamenti a copertura dei crediti di dubbia esigibilità, dall’altro si sono accentuate le difficoltà sul fronte della tenuta complessiva degli equilibri di bilancio.

 

Il fenomeno dell’overshooting

 

Eppure, tra le difficoltà dovute principalmente all’entrata in vigore del nuovo ordinamento contabile e a un quadro normativo ancora piuttosto instabile, il comparto comunale ha pienamente rispettato gli obblighi di finanza pubblica assegnatigli dal legislatore, garantendo peraltro un contributo ulteriore di 2,8 miliardi di euro. Molti Comuni, infatti, anche nel 2015 hanno registrato un saldo finanziario ben superiore all’obiettivo di Patto, reiterando il fenomeno meglio noto come overshooting. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, si ricorda che nel biennio 2013-2014 il dato si era attestato intorno a 1,6 miliardi di euro. L’aumento registrato nel 2015 va però interpretato alla luce delle modifiche della disciplina finanziaria e non assume i caratteri negativi degli scorsi anni. Il salto dell’overshooting, anzitutto, non riflette una maggiore incapacità dei Comuni nel realizzare gli investimenti, che infatti registrano nell’anno una ripresa piuttosto significativa, bensì l’opportunità di governare attivamente, in un’ottica pluriennale, la stretta finanziaria dovuta all’entrata in vigore della nuova contabilità, optando in diversi casi per un accantonamento Fcde superiore alla soglia minima imposta dalle norme vigenti e anticipando parte del maggior accantonamento richiesto per gli esercizi successivi. Le certificazioni del 31 marzo scorso evidenziano, però, anche un aumento dei casi di sforamento del Patto di stabilità interno (circa 150 Comuni), interessando soprattutto gli enti di minori dimensioni, ovvero quelli più colpiti nel 2015 dalla riduzione di risorse dovuta all’avvio del sistema perequativo basato sui fabbisogni e sulle capacità fiscali standard.

 

La revisione delle sanzioni

 

In questo quadro, la profonda revisione delle sanzioni richiesta dall’Anci è un intervento necessario, non un generico appello alla clemenza, nel solco dall’accordo di Conferenza unificata, per violazioni di carattere meramente formale.  Le stesse considerazioni valgono a maggior ragione oggi. Il passaggio alla nuova contabilità ha modificato l’imputazione in bilancio di rilevanti quote di entrata che non sono più risultate utili ai fini del Patto, provocando difficoltà di copertura specifiche che si sono aggiunte al forte taglio di risorse subito nell’anno (circa 1,5 miliardi di euro). Va anche segnalata l’improrogabilità dei pagamenti effettuati a valere su fondi europei, pena la perdita del finanziamento, o di quelli per interventi di edilizia scolastica, il cui completamento era imposto entro il 2015. Si deve poi ricordare il caso degli enti che hanno dato corso nel 2015 a dismissioni societarie, non potendo però considerare la relativa entrata come rilevante ai fini del Patto, in ragione di una previsione normativa irragionevole e in contrasto con l’indirizzo generale perseguito in materia dal legislatore. Rimane irrisolto il problema degli enti il cui mancato rispetto del vincolo è dovuto essenzialmente alle regolazioni contabili tra Imu e Fondo di solidarietà comunale, contabilizzate nel 2015 ma relative a trattenute Imu per alimentazione del Fondo 2014, ma anche quello dei Comuni che si sono visti riconoscere lo sforamento del Patto in anni successivi, a seguito dell’insorgere di interpretazioni contrastanti delle norme recate da sentenze delle sezioni regionali della Corte dei conti riferite ad anni precedenti. La dimensione delle sanzioni è complessivamente contenuta (circa 90 milioni sulla base della regola vigente), ma di forte impatto sugli equilibri degli enti coinvolti: in particolare, in un terzo dei casi la sanzione supera il 15% delle entrate correnti dell’ente.

 

La proposta dell’Anci

 

La proposta dell’Anci, coerente con l’accordo dello scorso anno, prevede: l’abolizione della sanzione economica, per Province e Città metropolitane; l’abbattimento al 20% dello sforamento registrato nel caso dei Comuni, comunque nel limite del 2% delle entrate correnti; la cancellazione dei divieti di assunzione di personale e di ricorrere all’indebitamento per gli investimenti. Non si propone, quindi, un’eliminazione tout court delle sanzioni previste, che farebbe venir meno la funzione di tutela degli equilibri di finanza pubblica assegnata all’impianto sanzionatorio, ma si vogliono limitare gli effetti dirompenti e ingiustificati, rispetto al quadro sopra rappresentato, di un taglio di risorse che potrebbe pregiudicare la tenuta dei conti per gli enti coinvolti, che – va ricordato – nel 2016 operano in un contesto di blocco dei tributi. L’intervento sulle sanzioni 2015 appare quindi doveroso e urgente, in attesa di poter riprendere il confronto per una revisione generale dell’impianto sanzionatorio connesso al nuovo saldo di competenza in vigore dal 2016, al fine di renderlo più aderente alle nuove esigenze di controllo della finanza locale.