Palazzo Chigi lavora per presentare un documento sulla flessibilità in uscita entro maggio. Anche se non c’è una posizione precisa del Governo sul dossier pensioni le ipotesi avanzate l’altro giorno da Tommaso Nannicini possono ben rappresentare le linee guida su come l’esecutivo intende approcciarsi al tema nei prossimi mesi. Il sottosegretario ha, infatti, individuato tre platee di lavoratori che potrebbero essere interessati dalle novità. La prima è quelle delle persone che hanno una preferenza ad andare in pensione prima, ad esempio la nonna dipendente pubblica che vuole accudire i nipotini.
La seconda è quella di chi ha necessità di andare in pensione anticipatamente, in quanto ha perso il lavoro e non ha ancora i requisiti d’uscita. La terza categoria sono i lavoratori che l’azienda vuole mandare in pensione prima per ristrutturare l’organico aziendale. Secondo Nannicini si potrebbe provare a creare un mercato di anticipi pensionistici, che oggi non c’è, coinvolgendo governo, Inps, banche, assicurazioni”. Il coinvolgimento delle banche e delle assicurazioni private in realtà è ancora tutto da vedere, si tratta solo di una ipotesi anche se potrebbe interessare solo l’Inps e il mondo del credito e non, quindi, direttamente il lavoratore. Da segnalare, inoltre, che i tre interventi potrebbero coesistere e non escludersi a vicenda anche se molto dipenderà dai costi e dalle decisioni politiche.
Di tutte e tre le ipotesi la seconda, quella che prevede un intervento selettivo sulle categorie più a rischio, come disoccupati e lavori usuranti appare quella più probabile anche per via del prossimo superamento dell’indennità di mobilità e dello speciale trattamento di disoccupazione dell’edilizia, dal 1° gennaio 2017. Senza contare che in questo modo si punterebbe a mettere fuori gioco un’ottava salvaguardia.
Capitolo a parte per il discorso sulle penalizzazioni. Il primo caso, quello dell’intervento generalizzato, chiederebbe ai lavoratori una riduzione dell’assegno pari almeno al 3% per ogni anno di anticipo anche se non è da escludersi un ricalcolo interamente con il sistema contributivo dell’assegno, un pò come accade attualmente per le lavoratrici che esercitano l’opzione donna. Per i lavoratori disoccupati la penalità invece sarebbe minore o forse del tutto assente, in modo da non colpire il reddito pensionistico di soggetti con redditi particolarmente bassi.
Nel terzo caso, quello dei prepensionamenti, saranno le aziende a coprire una parte dei costi dell’anticipo, con un’assicurazione a garanzia del rischio morte pagato dallo Stato. Si vedrà. Anche perchè, almeno per ora le idee appaiono ancora parecchio confuse. La misura dovrà essere infatti raccordata con quelle già attualmente a disposizione delle imprese, in primis la cd. isopensione che consente di spedire a casa la forza lavoro in esubero pagando un assegno pari all’importo della pensione sino ad un massimo di quattro anni. E il Jobs Act ha introdotto di recente la possibilità di utilizzare la solidarietà espansiva per mettere a riposo parziale i lavoratori più anziani in cambio dell’assunzione di giovani. A cui di recente si è aggiunto anche il part-time agevolato.