idrogenoNel 2007 il Parlamento Europeo approvava la storica Dichiarazione sull’instaurazione di un’economia verde all’idrogeno in cui invitava le Istituzioni dell’Unione a “sviluppare una tecnologia di immagazzinaggio delle celle a combustibile a idrogeno […] e a mettere a punto entro il 2025 in tutti i paesi membri dell’UE un’infrastruttura a idrogeno decentralizzata, secondo un approccio dal basso verso l’alto”.

 

Nel contesto di un possibile e definitivo decollo delle fonti energetiche rinnovabili, la molecola di idrogeno (H2) viene unanimemente considerata un vettore energetico molto promettente: secondo Federchimica “i vantaggi dell’idrogeno sono numerosi, perché grazie a un’elevata densità energetica in rapporto al suo peso e alla possibilità di ottenerlo da numerose fonti, permette di ridurre la dipendenza dal petrolio e consentire una diversificazione delle fonti energetiche”.

 

È in questa auspicabile direzione che un gruppo di ricerca tra l’Università di Trieste, l’Istituto ICCOM-CNR e il Consorzio INSTM coordinato dal professore Paolo Fornasiero insieme a Christopher B. Murray della University of Pennsylvania, ha messo a punto una metodologia per produrre velocemente e in maniera sostenibile idrogeno da nanobastoncini di biossido di titanio a partire da composti derivati da biomasse, pubblicando i promettenti risultati sulla rivista scientifica “Proceedings of the National Academy of Sciences”.

 

I nanobastoncini di biossido di titanio (detti “titania”) sono 1.000 volte più piccoli del diametro di un capello e sembrano produrre idrogeno tanto più velocemente quanto più sono sottili e lunghi. Considerata la semplicità del processo di sintesi su larga scala di questi nanobastoncini, la scoperta potrebbe avere importanti ricadute sul futuro delle energie rinnovabili.

 

«L’idea di base – spiega Fornasiero – è riuscire a produrre idrogeno da nulla più che la luce del sole, un catalizzatore e dei composti che si possono ottenere dalle biomasse: in questo modo non lo dovremmo produrre da combustibili fossili, il cui sfruttamento ha un notevole impatto sul riscaldamento globale; se potessimo ottenere l’idrogeno in modo davvero rinnovabile e sostenibile, allora entreremmo in una nuova era energetica».

 

«Non è il primo studio su questo tipo di materiali – aggiunge il professore Matteo Cargnello della Stanford University (recentemente intervistato da ResearchItaly) e primo autore dello studio – ma fino a ora nessuno aveva usato un approccio di sintesi così: altre tecniche permettono di intagliare i materiali come farebbe uno scultore, ma così facendo si perde in precisione e in possibilità di miniaturizzazione; il nostro approccio invece è dal basso, cioè parte da singoli atomi di titanio uniti fra loro come mattoncini di un lego per produrre forme precise sulla scala dei nanometri».