amministrazione digitale, FOIARiceviamo e pubblichiamo uno dei tanti articoli trasmessi alla redazione di lentepubblica.it a seguito dell’articolo pubblicato l’1 aprile u.s. dal titolo “Albo Pretorio, la Funzione Pubblica bacchetta i Comuni: il caso Augusta”.

 

 

 

Gentile direttore, a seguito della pubblicazione dell’articolo sul caso del Comune di Augusta, relativamente all’obbligo della pubblicazione degli atti con firma digitale, è bene evidenziare l’abbaglio preso da chi ha inviato la nota al Segretario Comunale dello stesso comune.

 

E’ evidente che il parere di chi ha inviato la nota non tenga conto né della funzione dell’Albo Pretorio, né delle norme dell’accesso agli atti in base alla L. 241/90.

 

Andiamo per ordine, partendo dalla funzione dell’Albo Pretorio che è quella di pubblicità degli atti e non di erogazione di atti originali. Infatti è corretto quanto riportato e citato con la legge del 18 giugno 2009 n. 69, all’art 32 ha disposto che: “a far data dal 1º gennaio 2010 gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione sui propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati” ma stiamo parlando appunto di pubblicità degli atti.

 

Invece è completamente falso a nostro parere quanto affermato dalla nota della Funzione Pubblica tanto che il D.Lgs. n. 33/2013 che non dice da nessuna parte che i dati debbano essere “inseriti sul web in formato non modificabile da terzi e sottoscritti con firma elettronica qualificata o firma digitale”, ma dice anzi secondo l’art. 7, che i dati pubblicati, debbano essere in formato di tipo aperto ai sensi dell’articolo 68 del Codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e sono riutilizzabili ai sensi del decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, senza ulteriori restrizioni diverse dall’obbligo di citare la fonte e di rispettarne l’integrità.

 

 

 

Cosa si intende per formato di tipo aperto secondo l’art. 68 del Codice dell’Amministrazione digitale?

 

“3. Agli effetti del presente decreto legislativo si intende per:

 

 

  1. Formato dei dati di tipo aperto, un formato di dati reso pubblico, documentato esaustivamente e neutro rispetto agli strumenti tecnologici necessari per la fruizione dei dati stessi”.

 

 

 

 

 

Cosa significa che sono riutilizzabili ai sensi del D.Lgs. 24.01.2006 n. 36?

 

Art. 5. Richiesta di riutilizzo di documenti

 

 

  1. Il titolare del dato predispone le licenze standard per il riutilizzo e le rende disponibili, ove possibile in forma elettronica, sui propri siti istituzionali.
  2. I soggetti che intendono riutilizzare dati delle pubbliche amministrazioni o degli organismi di diritto pubblico presentano apposita richiesta secondo le modalità stabilite dal titolare del dato con proprio provvedimento.
  3. Il titolare del dato esamina le richieste e rende disponibili i documenti al richiedente, ove possibile in forma elettronica, entro il termine di trenta giorni, prorogabile di ulteriori trenta giorni nel caso in cui le richieste siano numerose o complesse. Il titolare del dato non ha l’obbligo di produrre o di continuare a produrre documenti al solo fine di permetterne il riutilizzo da parte di un soggetto privato o pubblico.
  4. I poteri e le facoltà connessi al riutilizzo spettano unicamente al titolare del dato.”

 

 

Ossia, il titolare del dato deve pubblicare in forma elettronica ma per riutilizzare i dati, bisogna farne richiesta.

 

Aggiungiamo che se gli atti fossero pubblicati sull’Albo Pretorio con firma elettronica qualificata o digitale, sarebbero degli originali già utilizzabili senza farne alcuna richiesta. Ricordiamo infatti che non esiste più il concetto di copia, su documenti firmati elettronicamente.

 

Quindi, già il D.Lgs. 33/2013 dice tutt’altro e questo va nettamente in contrasto con la nota emessa dalla Funzione Pubblica, ricordando peraltro che una nota sicuramente non ha forza di legge.

 

Ma ricordiamo anche che se gli atti fossero disponibili, per come dice la nota della Funzione Pubblica con firma elettronica, eluderemmo del tutto la Legge 241/90 che regolamenta l’accesso agli atti secondo l’art. 25 della stessa Legge.

 

Riprendendo infine la teoria che bisogna pubblicare con firma elettronica per evitare brutte sorprese, vogliamo sottolineare che il documento, anche se non è pubblicato all’Albo con firma elettronica, al momento del rilascio dello stesso, dopo richiesta di accesso agli atti, l’integrità e verificabile in quanto comunque l’atto originale depositato in Comune ha la firma elettronica qualificata o digitale da cui si può evincere la data della firma, il firmatario o i firmatari, nonché l’integrità del documento.

 

Consideriamo anche che questa garanzia deve esserci anche dopo che gli atti hanno finito il tempo di pubblicazione, quindi se così non fosse, il problema resterebbe per tutti gli atti e per tutti i richiedenti che non potrebbero controllarne l’integrità dopo i giorni di pubblicazione all’Albo Pretorio.

 

Concludiamo dicendo che a nostro parere, la nota della Funzione Pubblica non offre nessun supporto giuridico, anzi contrasta completamente con le norme che regolamentano la pubblicazione dell’Albo Pretorio e l’accesso agli atti della Pubblica Amministrazione. Pertanto suggeriamo agli Enti di evitare di pubblicare documenti firmati elettronicamente, proprio per non eludere le norme su menzionate.