rapportoAumenta dello 0,6% (+18 mila) la stima Istat dei disoccupati a dicembre scorso con una crescita che riguarda gli uomini e le persone tra 25 e 49 anni. Dopo il calo registrato nei mesi precedenti (-1% tra giugno e novembre), il tasso di disoccupazione sale dunque dello 0,1% all’ 11,4%. Su base annua, tuttavia, la disoccupazione registra un forte calo (-8,1%, pari a -254 mila persone in cerca di lavoro) e cala lievemente anche l’inattività (-0,1%, pari a -15 mila persone inattive), mentre cresce l’occupazione (+0,5%, pari a +109 mila persone occupate).

 

La crescita dell’Italia, che nel 2015 è stata pari allo 0,8%, accelera nel 2016 portandosi all’1,4% anche se meno rispetto alla media europea (+1,9%) e rispetto alle previsioni di novembre (+1,5%). Il crollo del prezzo del petrolio continuerà a dare una spinta ai consumi interni che in parte, secondo la Commissione Ue, compenseranno il rallentamento dell’export. Ma i crediti deteriorati che zavorrano le banche restano un freno per l’economia.

 

Come possono essere collegati e correlati tra di loro questi dati? Rappresentano realmente l’effettiva realtà? Oppure la disoccupazione giovanile è valutata in maniera non perfettamente corretta?

 

Nonostante i numeri emerge chiaramente una netta difficoltà della fascia dei giovani tra i 25 e i 34 anni, quelli nell’età più delicata per l’inizio dell’attività lavorativa. Gli intervalli di confidenza, cioè il margine di possibile errore dei rilevamenti campionari, cioè il margine di possibile errore dei rilevamenti campionari, sono spesso totalmente ignorati e per parlare dell’occupazione dei giovani si attinge sempre allo stesso tipo di dati.

 

Certo, il tasso di disoccupazione giovanile al 37,9% è il tasso più basso degli ultimi tre anni. Per trovare un livello di disoccupazione più basso bisogna tornare a ottobre 2012. Il dato resta comunque molto superiore al periodo pre-crisi (a dicembre 2007 il tasso di disoccupazione nella fascia tra i 15 e i 24 anni era al 22,2%).

 

Apprendiamo così, dal comunicato diffuso dall’ISTAT, il 2 febbraio relativo a dicembre, che la stima degli occupati di 22.420mila unità ha in realtà il 95% di probabilità di collocarsi tra 22.281mila e 22.559mila e che il tasso di disoccupazione stimato all’11,36% in realtà si colloca tra il 10,96 e l’11,76%.

 

Al fine di valutare l’accuratezza delle stime prodotte da un’indagine campionaria è necessario tenere conto dell’errore campionario che deriva dall’aver osservato la variabile di interesse solo su una parte (campione) della popolazione. Tale errore può essere espresso in termini di errore assoluto (standard error) o di errore relativo (cioè l’errore assoluto diviso per la stima, che prende il nome di coefficiente di variazione, CV). In questo paragrafo, per ciascuna delle principali variabili di interesse, sono riportate la stima puntuale e l’errore relativo ad essa associato.

 

 

 

ISTAT - Indicatori Confidenza 1

 

Fig. 1 – Indicatori Confidenza ISTAT – Grafico 1 (clicca sull’immagine per ingrandire)

 

 

A partire da questi è possibile costruire l’intervallo di confidenza che con un prefissato livello di fiducia, contiene al suo interno il valore vero, ma ignoto, del parametro oggetto di stima. L’intervallo di confidenza è calcolato aggiungendo e sottraendo alla stima puntuale il suo errore campionario assoluto, moltiplicato per un coefficiente che dipende dal livello di fiducia; considerando il tradizionale livello di fiducia del 95%, il coefficiente corrispondente è pari a 1,96.

 

Nel prospetto A si riportano gli errori relativi (CV) delle stime non destagionalizzate dei principali indicatori riferiti al mese di dicembre 2015. Nella pagina web del comunicato stampa è disponibile il file excel che riporta la tabella completa degli errori relativi riferiti alle stime mensili non destagionalizzate dei principali indicatori, calcolati a partire da gennaio 2004. I principali Istituti di statistica non pubblicano errori campionari riferiti a stime destagionalizzate. In alcuni casi sono pubblicati gli errori campionari delle stime non destagionalizzate ritenendo che questi siano del tutto simili a quelli riferiti alle corrispondenti stime destagionalizzate.

 

L’Istat sta conducendo studi al fine di verificare se tale approccio sia applicabile anche agli indicatori diffusi dall’Istituto. Attraverso semplici calcoli, è possibile ricavare gli intervalli di confidenza con livello di fiducia pari al 95% (a=0,05). Tali intervalli comprendono pertanto i parametri ignoti della popolazione con probabilità pari a 0,95. Nel prospetto seguente sono illustrati i calcoli per la costruzione dell’intervallo di confidenza della stima degli occupati e del tasso di disoccupazione.

 

 

 

ISTAT - Indicatori Confidenza 2

 

Fig. 2 – Indicatori Confidenza ISTAT – Grafico 2 (clicca sull’immagine per ingrandire)

 

Per consultare la nota metodologica dell’ISTAT potete scaricare il file in allegato.