grandi impreseLa denuncia è sollevata dalla CGIA: quasi l’80 per cento dei prestiti erogati dalle banche italiane va alle grandi imprese che, a differenza delle Pmi che rappresentano il 99 per cento delle aziende presenti in Italia, possono contare su un rapporto privilegiato con gli istituti di credito.

 

 

“Qualcuno – esordisce il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – potrebbe obbiettare che se questi prestiti vanno nella stragrande maggioranza dei casi ad un numero ristretto di clienti, ciò è riconducibile al fatto che questi ultimi sono solvibili. Invece, le cose non stanno così. La quota di insolvenza  in capo ai maggiori affidati, infatti, è attorno al 78 per cento. In buona sostanza nei rapporti tra banche e imprese tutto è paradossalmente capovolto. Chi riceve la stragrande maggioranza dei prestiti ha livelli di affidabilità bassissimi, per contro, chi dimostra di essere un buon pagatore riceve i soldi con il contagocce”.

 

 

 

Vediamo i numeri. Secondo l’analisi dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre,  il primo 10% dei  migliori affidati riceve l’80 per cento circa del totale dei prestiti erogati dalle banche. Prestiti che tecnicamente sono definiti come finanziamenti per cassa. Peccato che questa grande “generosità” rivolta alle grandi imprese non sia ricambiata. Infatti, le sofferenze a carico di questi clienti così “privilegiati” (ovvero sempre il primo 10 dei migliori affidati) è pari al 78 per cento circa del totale. Insomma, pur non essendo dei buoni pagatori, le banche continuano a finanziare quasi ed esclusivamente le grandi imprese.

 

 

 

“Salvo qualche rara eccezione – conclude Zabeo – questo 10 per cento di maggiori affidati non è certo composto da piccoli imprenditori, famiglie o lavoratori autonomi, ma quasi esclusivamente da grandi società o gruppi industriali. Pertanto, possiamo affermare che le banche italiane sono molto influenzate dalle richieste delle grandi imprese. Non vorremmo che questa anomalia fosse ascrivibile al fatto che nella stragrande maggioranza dei casi nei Consigli di amministrazione dei principali istituti di credito italiani sono presenti quasi esclusivamente i nostri capitani d’industria o manager a loro molto vicini”.