tassa cellulariIl Comune deve corrispondere la tassa di concessione governativa per l’impiego di apparecchiature radiomobili anche quando la pretesa si riferisce a un contratto che l’ente afferma essere stato stipulato dal sindaco pro-tempore in asserita violazione di legge in materia di assunzione di oneri di spesa (Ctr Calabria, sentenze nn. 1696, 1697, 1698 del 28 ottobre 2015).
 

Fatto

 

L’Agenzia delle Entrate notificava a un Comune della provincia di Cosenza avvisi di accertamento per omesso pagamento della tassa di concessione governativa, per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile (tassa sui telefonini), relativi a diverse utenze telefoniche. Avverso tali atti l’ente locale proponeva separati ricorsi eccependo, in via principale, il difetto di legittimazione passiva (articoli 191 e 194 del Tuel, norme recanti la disciplina per l’assunzione degli impegni di spesa da parte dell’ente pubblico).

 

In particolare, il Comune sosteneva che, trattandosi, nel caso specifico, di debito derivante da contratti di telefonia stipulati dal sindaco pro-tempore e non riconosciuti dall’ente, responsabile per il pagamento del tributo in questione doveva essere esclusivamente il sindaco. La sentenza della Ctp, che rigettava il ricorso, veniva impugnata dal Comune, che ribadiva i motivi di difesa. Anche la Commissione tributaria regionale di Catanzaro, con le sentenze in esame, riteneva infondate le doglianze.
 

Decisione

 

I giudici di secondo grado hanno rigettato l’appello proposto dall’ente locale, confermando la debenza della tassa. Nello specifico, in relazione all’eccepita carenza di legittimazione passiva del Comune, hanno affermato che non esiste un rapporto diretto tra amministratore in carica e Agenzia delle Entrate e che l’unico soggetto debitore della tassa è l’ente a cui il contratto risulta intestato.
Inoltre, in ordine all’asserita violazione delle norme del Tuel, inerenti l’autorizzazione della spesa, il Comune potrà agire giudizialmente nei confronti dell’amministratore o del gestore per la rifusione del danno da loro causato all’erario comunale.
 

Nel caso in questione, inoltre, è stato appurato sia che i contratti con i gestori di telefonia erano stati sottoscritti dal sindaco pro-tempore, in virtù di deliberazioni della giunta, sia che le utenze erano utilizzate per esigenze dell’ente. Pertanto, secondo la Ctr: “le ragioni del mancato riconoscimento del debito – sia pure condivisibili sotto il profilo della regolarità e legittimità della spesa – afferiscono al rapporto obbligatorio tra esso Ente e il prestatore del servizio (art. 23 del D.L. 66/89 e art. 191 TUEL), ma non possono tuttavia pregiudicare il rapporto tributario che coinvolge il gestore nella veste di sostituto del tributo, l’Agenzia delle Entrate e l’Ente fruitore del servizio pubblico. Ne consegue, tra l’altro, che l’eventuale non corretta condotta del gestore non può di certo inficiare la pretesa tributaria e il soddisfacimento dell’interesse pubblico alla riscossione del tributo e della relativa sanzione. Eventuali inadempimenti riferibili al rapporto privatistico sottostante possono essere fatti valere esclusivamente tra le parti contrattuali. L’utente (nella specie il Comune), infatti, una volta adempiuta l’obbligazione tributaria, può rivalersi sia sull’amministratore – rivolgendosi al giudice contabile -, ovvero allo stesso gestore in virtù del rapporto contrattuale irregolarmente costituito per la refusione del danno dagli stessi causato all’erario comunale”.
 

Osservazioni

 

In ordine all’attuale debenza della tassa di concessione governativa sugli abbonamenti di telefonia mobile, la Commissione tributaria regionale ha richiamato le norme vigenti. Al riguardo, si rammenta che la tassa sulle concessioni governative è disciplinata dall’articolo 21 della Tariffa annessa al Dpr 641/1972, che assoggetta al tributo in questione la “licenza o documento sostitutivo per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione (articolo 318 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973 , n. 156 e articolo 3 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 151, convertito con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 202)”.
 

Il presupposto oggettivo del tributo, ai sensi del suddetto articolo 21, è, dunque, il rilascio da parte del gestore del servizio radiomobile di comunicazione del titolo giuridico in base al quale l’utente può utilizzare l’apparecchiatura che, nel caso della telefonia mobile, è rappresentato dal “documento sostitutivo” della licenza, ossia il contratto di abbonamento con gli operatori telefonici autorizzati. In generale, i Comuni hanno sempre sostenuto di non essere tenuti al pagamento del tributo.
 

Invece, secondo un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, i Comuni non possono beneficiare né dell’esenzione prevista dall’articolo 13-bis del Dpr 641/1972, che individua espressamente le esenzioni a carattere generale dal pagamento del tributo (vedi, ad esempio, le Onlus), né dell’esenzione prevista dalla nota posta in calce all’articolo 21 della Tariffa, che individua i casi specifici in cui il tributo non è dovuto (ad esempio, la tassa non è dovuta per le licenze o documenti intestati ai non vedenti).
 

Inoltre, come chiarito definitivamente dalla suprema Corte (cfr sentenza sezioni unite 9560/2014), i Comuni non possono essere annoverati tra le Amministrazioni dello Stato. Infatti, l’articolo 1, comma 2, del Dlgs 165/2001, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, tiene ben distinti “i Comuni dalle Amministrazioni dello Stato, pur attribuendo agli uni e alle altre la natura di amministrazioni pubbliche (…)”. Quindi, in virtù della negata equiparazione alle Amministrazioni dello Stato, concludono le sezioni unite, “deve escludersi che i Comuni non siano assoggettati alla tassa di concessione governativa in questione”.