fonti-fossiliAlla COP21 Renzi faccia finalmente un operazione trasparenza sui sussidi alle fonti fossili, cancellandoli per spingere l’innovazione energetica in Italia e nel mondo.

 

Nel 2015 i sussidi alle fonti fossili sono stati pari a 5300 miliardi di dollari (10 milioni di dollari al minuto) secondo l’ultimo studio del Fondo Monetario Internazionale. Tanto quanto il 6,5% del PIL mondiale e più della spesa sanitaria totale di tutti i governi del mondo. Rispetto al 2013 sono cresciuti del 10,4% (con l’Europa che supera la media generale) e il FMI prevede un ulteriore incremento dell’11,6% con ben 231 miliardi di dollari di sostegno alle fonti fossili, in un settore sempre più in difficoltà per la crescente competitività delle fonti rinnovabili.

 

Tra i maggiori investitori la Cina con 2.272 miliardi (+22%), seguita da Stati Uniti con 699 miliardi (+14%) e Russia con 335 miliardi (5.7%). Mentre in Europa è la Germania la maggior sostenitrice delle fonti fossili con 55,6 miliardi di dollari (+10.5%), seguita dal Regno Unito con 41,2 miliardi (+12.2%) e dalla Francia con 30,1 miliardi (+13.2%). Seguono Spagna – 24,1 miliardi, Repubblica Ceca – 17,5 miliardi e l’Italia con 13,2 miliardi.

 

Cosa sono i sussidi alle fonti fossili? L’insieme di aiuti diretti e indiretti alla produzione, distribuzione e consumo di combustibili fossili. I principali network ambientalisti chiedono di abolirli e di spingere sulla decarbonizzazione delle economie per fermare la crescita delle emissioni di gas serra e contenere entro i 2°C l’aumento della temperatura globale. Lo stop ai sussidi consentirebbe infatti, da solo, di ridurre le emissioni di CO2 di 750 milioni di tonnellate (cioè del 5,8% al 2020), contribuendo al raggiungimento della metà dell’obiettivo climatico necessario a contenere l’aumento di temperatura globale di almeno 2°C.

 

“La COP21 – dichiara Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – può essere una straordinaria occasione per far assumere all’Europa un ruolo da protagonista nell’impegno contro i cambiamenti climatici. Al Governo Renzi chiediamo un’operazione di trasparenza sui sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili e di avere il coraggio e la lungimiranza di mettersi a capo di una coalizione internazionale per cancellare questi sussidi. L’abolizione e la introduzione di una carbon tax, come già hanno fatto altri Paesi, permetterebbe infatti di rendere competitive le fonti rinnovabili e gli interventi di efficienza, senza bisogno di incentivi e aprendo uno scenario di investimenti e di nuova occupazione. Inoltre, solo in uno scenario di questo tipo con una riduzione dei consumi di fonti fossili si può ridurre il prezzo dell’energia proprio perché si interviene tagliando la voce più pesante che è quella delle importazioni, senza considerare tutti i vantaggi per il clima, per l’ambiente e la salute di chi vive intorno alle centrali”.

 

In un pianeta dove le emissioni di CO2 continuano a crescere (dal 1990 del 36%) con effetti ambientali e sociali che si rivelano sempre più drammatici, cambiare modello energetico per ridurre il consumo di petrolio, carbone, gas è una assoluta priorità. Secondo il Rapporto Green Growth Studies Energy dell’OCSE, la dipendenza dai combustibili fossili del sistema energetico mondiale ha prodotto l’84% delle emissioni di gas a effetto serra. Eppure l’utilizzo di fonti fossili, che sono la principale causa dei cambiamenti climatici, continua a ricevere sussidi, 5 volte maggiori di quelli destinati alle fonti rinnovabili.

 

L’International Energy Agency stima, senza considerare le esternalità indirette, che nei Paesi emergenti o produttori di idrocarburi le fonti fossili nel 2013 sono state aiutate con oltre 550 miliardi di dollari, quattro volte quelli arrivati alle fonti rinnovabili. La stessa IEA, che ha individuato nel mondo ben 250 differenti meccanismi per finanziare direttamente o indirettamente le fonti fossili, stima che, nel caso in cui non si intraprenderanno azioni urgenti e concrete, i sussidi alle fonti fossili potranno arrivare, nei prossimi anni a quota 660 miliardi, pari allo 0,7% del PIL mondiale. Va sottolineato che, di norma, questi aiuti non sono destinati a popolazioni svantaggiate, ma ai produttori petroliferi, che nel 2010 hanno ricevuto il 92% dei sussidi. Il Fondo Monetario Internazionale stima che l’eliminazione dei sussidi diretti e dell’extra-gettito derivante dalla totale inclusione delle esternalità, renderebbe disponibili 1.800 miliardi di dollari (2,2% del PIL globale), senza aumentare il prezzo dell’energia per famiglie e imprese. Somme che potrebbero poi essere investite nella lotta ai cambiamenti climatici e nella transizione verso un modello energetico zero emission e basato sul mix delle tecnologie rinnovabili entro il 2050. Il FMI stima inoltre che se eliminassimo tutti i sussidi alle fonti fossili le emissioni di gas serra diminuirebbero del 20%, contribuendo in maniera importante alla lotta contro i cambiamenti climatici.

 

E i sussidi alle fonti fossili in Italia? Il nostro Paese continua a comportarsi come se la questione non lo riguardasse. A sentire ministeri e Autorità per l’energia i problemi in Italia sono sempre altri, per esempio le fonti rinnovabili. Per Legambiente, siamo di fronte a un gravissimo caso di censura ed è chiara la volontà di fare in modo che di questo tema non si parli affinché nulla cambi. Per tutelare coloro che beneficiano di questi sussidi, fermando indirettamente l’innovazione nel sistema energetico che oggi sarebbe possibile grazie alle fonti rinnovabili e all’efficienza energetica.

 

La prima grande questione è la trasparenza sui numeri dei sussidi: il tema non esiste nel dibattito pubblico e politico e nel documento di Strategia Energetica Nazionale approvato nel 2013 l’argomento non compare. Eppure la Commissione Europea ha inviato nel 2015 al Governo italiano (le Country Specific Reccomendations), si bacchetta il nostro Paese proprio per il ritardo nell’introdurre tasse modulate secondo il principio del “chi inquina paga”, come la carbon tax, e nel rimuovere aiuti dannosi per l’ambiente, come quelli alle fossili. In Italia, secondo il documento, “rimangono lettera morta la revisione dell’imposizione ambientale e l’eliminazione delle sovvenzioni dannose per l’ambiente.

 

“E’ inaccettabile – aggiunge Zanchini – che vi sia ancora una censura sui numeri dei sussidi da parte del governo e dell’Autorità per l’energia che in questi anni ben altro atteggiamento hanno avuto nei confronti degli incentivi alle fonti rinnovabili che, come è noto, contribuiscono a ridurre i gas serra e “funzionano”, visto che nel corso del 2014 hanno garantito oltre il 38% dei consumi elettrici. Governo e Parlamento devono fare chiarezza rispetto a questa situazione, devono presentare un quadro e monitorare le diverse forme di sostegno: esenzioni al pagamento di tasse, riduzione dei costi dell’energia, sussidi e finanziamento alle imprese sia pubbliche che private. Una trasparente fiscalità legata alle emissioni inquinanti sarebbe proprio la migliore innovazione possibile, perché a parità di impatto sui conti dello Stato permetterebbe di spingere investimenti e ridurre CO2 e inquinamento”.

 

Individuare le voci dei sussidi alle fonti fossili nel bilancio dello Stato non è facile, anche perché ci troviamo di fronte a sussidi in varie forme, non solo finanziamenti diretti a progetti di fonti fossili ma anche esoneri di tasse e accise, finanziamenti in forme diverse.

 

Legambiente ha contato circa 14,7 miliardi di euro di sussidi alle fonti fossili tra diretti e indiretti, in forme diverse (esoneri dall’accisa, sconti, finanziamenti per opere, ecc,) distribuiti ad autotrasportatori, centrali per fonti fossili e imprese energivore, sconti e regali per le trivellazioni. Tutte attività che inquinano l’aria, danneggiano la salute e che sono la principale causa dei cambiamenti climatici.

 

Sussidi al trasporto – La prima voce di sussidi, tracciabile attraverso le Leggi di bilancio, riguarda diversi fondi e sconti al settore dell’autotrasporto che dal 2000 al 2015 sono stati pari a oltre 5,85 miliardi di euro. Anche per il 2016 gli sconti per queste voci saranno pari a 250 milioni di euro.

 

La seconda voce è quella che riguarda le esenzioni dall’accisa sul gasolio impiegato come carburante per l’autotrasporto merci che vale 1.455,8 milioni di euro per il solo 2015 e risulta, dalla relazione della Ragioneria di Stato, costante anche per i prossimi anni. Il totale degli sconti sulle accise secondo la ragioneria generale dello Stato è pari nel 2015 a 4.693,9 milioni di euro.

 

CIP6 – Nel nostro Paese alcuni impianti da fonti fossili hanno beneficiato, e beneficiano tuttora, di sussidi diretti per la produzione elettrica. Complessivamente, agli impianti per fonti fossili, dal 2001 al 2014 sono stati regalati oltre 42,6 miliardi di euro. Analizzando i dati del GSE, si può stimare che i CIP6 da qui al 2021 costeranno alla collettività circa altri 4.880 milioni di euro.

 

Sussidi per centrali da fonti fossili nelle isole minori – Si può stimare che dal 2004 al 2014 le famiglie italiane, attraverso la bolletta, abbiano coperto circa un terzo di questa componente con un contributo di circa 227 milioni, 20,6 milioni l’anno. A questi si devono poi aggiungere 10 milioni di euro destinati a 10 isole non interconnesse e gestite da Enel Produzione.

 

Sussidi e esenzioni per le imprese energivore – Nelle bollette elettriche troviamo sussidi indiretti alle fonti fossili sotto la forma di sconti ai grandi consumatori di energia.

 

Sussidi attraverso il cosiddetto servizio di interrompibilità – Nel 2013 il servizio di interrompibilità istantanea è costato agli utenti finali 531 milioni di euro. Inoltre le esenzioni dagli oneri per il dispacciamento di cui godono gli interrompibili hanno pesato per circa 98 milioni di euro. Per un valore complessivo di 629 milioni di euro. Eppure la questione della interrompibilità è tutta da dimostrare e semmai occorre investire sulle reti elettriche e sui sistemi di sicurezza.

 

Sussidi alle trivellazioni – Sono diversi i sussidi indiretti e gli sconti applicati a coloro che sfruttano le risorse fossili nel territorio italiano. Un esempio sono le irrisorie royalties previste per trivellare in Italia, che sono pari al 10% e del 7% per il petrolio in mare. Inoltre, sono esenti dal pagamento di aliquote allo Stato le prime 20 mila tonnellate di petrolio prodotte annualmente in terraferma, le prime 50 mila tonnellate prodotte in mare, i primi 25 milioni di metri cubi standard di gas estratti in terra e i primi 80 milioni di metri cubi standard in mare. Addirittura sono esentate dal pagamento di qualsiasi aliquota, le produzioni in regime di permesso di ricerca. Se in Italia avessimo portato le royalties al 50%, nel 2014 ci saremmo trovati invece che un gettito di 401,9 milioni di euro circa con uno da 1,9 miliardi.

 

Esenzioni e Riduzioni – Sono 15 le voci di detrazione e/o riduzione di accise e sconti sulle fonti fossili che compaiono nel Bilancio dello Stato, per un totale di 5.260,8 milioni di euro e destinato a salire nel triennio 2016-2018 arrivando a quota 6.551,16 milioni.

 

Finanziamenti a progetti internazionali – Secondo il Rapporto presentato nel 2015 “Empty promises G20 subsidies to oil, gas and coal production”, da Oil Change International e Overseas Development Institute nel 2013 e 2014, il governo italiano ha fornito in media 1,5 miliardi di dollari all’anno in finanziamenti pubblici internazionali per la produzione di combustibili fossili. A livello mondiale, nel 2013 e 2014, l’Italia ha contribuito anche con una media annua di 757 milioni di dollari alla produzione di combustibili fossili attraverso le sue azioni nelle banche multilaterali di sviluppo.

 

Sussidi per strade e autostrade – La scelta nel nostro Paese di privilegiare gli investimenti stradali a fronte di quelli per la ferrovia e la mobilità urbana si configura come un sussidio indiretto a una forma di mobilità incentrata sul consumo di fonti fossili. Il problema sta nelle priorità di spesa. Nel biennio 2013-2014 la spesa per gli investimenti stimata dal Ministero delle Infrastrutture in nuove opere stradali e autostradali è stata pari a 8,3 miliardi di euro.

 

Le proposte di Legambiente

 

Legambiente lancia oggi anche le sue tre proposte per un’Italia finalmente libera dalle fonti fossili e che guardi sempre di più alle rinnovabili e all’efficienza energetica. Per l’associazione ambientalista è fondamentale: eliminare tutti i sussidi diretti e indiretti per le fonti fossili. In particolare occorre abolire tutte le esenzioni alle accise sui prodotti energetici da sostituire con una rimodulazione, a parità di aliquota media, con una componente proporzionale al contenuto energetico e una proporzionale alle emissioni climalteranti. Le risorse generate dovranno andare all’innovazione nei diversi settori, spingere interventi di efficienza energetica, ripensare le politiche in materia di trasporti per interventi capaci di fornire un alternativa più efficiente per lo spostamento delle persone e delle merci. La seconda proposta riguarda l’introduzione di una carbon tax sulla produzione termoelettrica da differenziare sulla base delle emissioni di CO2 prodotte dagli impianti. È questa l’unica strada per intervenire rispetto all’enorme parco termoelettrico a disposizione e superare una crisi dovuta al sovradimensionamento delle centrali installate, attraverso un sistema che premi l’efficienza distinguendo tra i tanti impianti oggi installati.

 

Infine per Legambiente è fondamentale premiare l’autoproduzione da rinnovabili e la riduzione dei consumi. In questo modo diventa possibile sviluppare le rinnovabili senza incentivi e realizzare risparmi in bolletta, riducendo complessivamente la domanda di energia e utilizzando la rete per un interscambio sempre più efficiente tra utenti/produttori attraverso progetti che permettono a famiglie, condomini, aziende, distretti produttivi e utenze distribuite di diventare indipendenti; o di ridurre gli approvvigionamenti dalla rete attraverso interventi di riduzione dei consumi realizzati da imprese o ESCO (retrofitting delle pareti, installazione di impianti integrati da fonti rinnovabili e di efficienza energetica).