comodatoI Comuni non potranno più stabilire le esenzioni per gli immobili concessi in Comodato? I Dubbi dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio.

 

Dal prossimo anno salterà l’agevolazione che consente ai Comuni la possibilità di assimilare all’abitazione principale le case concesse in comodato a figli e genitori purché l’Isee famigliare del comodatario non superi i 15mila euro, oppure per le quote di rendita fino a 500 euro. L’ampia maggioranza dei comodati attuali tornerà quindi a pagare Imu e Tasi in formula piena, come una seconda casa qualsiasi. E’ questo uno dei principali effetti delle modifiche contenute nella legge di stabilità dopo il passaggio al Senato.

 

Il beneficio della perdita dell’Imu (oltre che della Tasi) potrà essere concesso solo al comodante, cioè al proprietario, che non possieda un altro immobile ad uso abitativo in Italia a condizione di cedere al parente in linea retta entro il primo grado (cioè genitori-figli) l’immobile adibito nel 2015 ad abitazione principale. Dall’agevolazione sono escluse ville e castelli e appartamenti di lusso.

 

La portata dell’esenzione sarà dunque piuttosto ristretta: per accedere al beneficio il comodante dovrà in sostanza trasferire la propria residenza o all’estero (dove può possedere un’altra abitazione), oppure altrove in Italia (ma solo andando a vivere in affitto o in una casa di riposo, se si tratta di genitori anziani). Per avere diritto all’agevolazione, inoltre, il comodatario, cioè il beneficiario, non deve possedere altri immobili ad uso abitativo in Italia e dovrà destinare lo stesso immobile ad abitazione principale. Stessi identici vincoli si applicheranno alle case concesse in comodato ai parenti disabili con una sola differenza: l’immobile potrà essere ceduto dal comodante ai parenti sino al secondo grado in linea retta o in linea collaterale.

 

Una formulazione che non convince i tecnici dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio che, nella relazione depositata alla Camera, osservano come il comodante potrebbe, verosimilmente, a seguito della concessione in comodato della propria abitazione, utilizzarne un’altra come residenza propria o del proprio nucleo familiare. E in tal caso “andrebbe chiarito come debba essere qualificato, ai fini IMU/TASI, quest’ultimo immobile. Ciò al fine di escludere un potenziale incremento del numero di unità abitative sottoposte al regime della prima casa”.

 

Si consideri, a titolo esemplificativo, l’ipotesi in cui il comodante (genitore) ceda in comodato al figlio l’appartamento in cui risiede nel 2015. Dal 2016 il comodante – che non deve possedere, in base alla norma, altri immobili – e il coniuge potrebbero trasferire la residenza in un immobile, già qualificato come seconda casa, di proprietà dello stesso coniuge o di altro componente del nucleo familiare. Secondo l’Upb andrebbe chiarito se tale seconda unità abitativa segua o meno il regime della prima abitazione: nella prima ipotesi si determinerebbe un incremento del numero complessivo di immobili soggetti ai benefici della prima abitazione .