Il 23 ottobre scorso è apparso sul quotidiano “La Repubblica” un pezzo scritto da Elena Dusi intitolato: “Riciclare ma non troppo ecco i paradossi della differenziata”. Nell’articolo, citando uno studio di Nomisma Energia del 2014 e uno di Hera, si sostiene fondamentalmente la tesi che la raccolta differenziata convenga fino ad un certo punto (la soglia del 70% citata nel titolo) superata la quale verrebbe meno il ritorno economico del sistema porta a porta spinto.
Come realtà associative che da anni sono impegnate nella diffusione di buone pratiche ambientali nel campo del sistema di raccolta domiciliare, ci preme qui evidenziare alcune inesattezze di fondo dimostrando che la realtà dei fatti è ben diversa da quanto sostenuto nell’articolo.
Partiamo allora da una delle prime affermazioni: “Più si seleziona, più nei sacchetti colorati finiscono materiali spuri o scadenti” mentre, al contrario, proprio nello studio del 2013 di HERA citato poco prima dall’autrice veniva dimostrato che il porta a porta garantisce minori livelli di impurità rispetto alla raccolta stradale: la percentuale di impurezza rilevata mediamente dalla stessa Hera nella RD della carta è pari al 12,4% quando viene applicato il sistema denominato “stradale_controllo” (cioè sistemi stradali con apertura limitata e/o controllata) mentre per il sistema PAP (porta a porta) è pari al solo 5,4% (meno della metà). Anche per la RD dell’umido lo scarto medio è pari all’11,4% con il modello “stradale-controllo” e del solo 4,6% con il porta a porta. Sarebbe poi opportuno evidenziare che la multiutility HERA non può certo essere considerata una fonte scientifica “super partes”, visto che questa azienda ha sempre investito principalmente in grandi impianti di incenerimento ed in sistemi di raccolta stradali o, più recentemente in cassonetti con calotta presentandoli come alternativi al porta a porta.
In altri contesti in cui la raccolta porta a porta viene attuata da aziende che hanno abbandonato completamente la raccolta stradale, le percentuali di impurità sono molto più basse di quelle registrate in media da HERA (a Ponte nelle Alpi – BL, comune pluripremiato per aver stabilmente superato il 90 % di RD, le percentuali di scarti sono inferiori all’1,5% per la carta ed inferiori all’1% per l’umido) dimostrando ulteriormente quanto ormai universalmente riconosciuto, e cioè che la raccolta porta a porta, grazie al possibile maggior controllo dei singoli conferimenti ed alla conseguente maggiore responsabilizzazione dei comportamenti degli utenti, determina mediamente una maggiore purezza merceologica dei materiali conferiti (quindi l’esatto contrario di quanto affermato nell’articolo).
Inoltre la maggiore qualità delle frazioni raccolte porta a porta ha comportato, soprattutto nei comuni e consorzi che hanno superato il 70% di effettivo riciclaggio, anche minori costi di gestione complessivi, smentendo clamorosamente quanto affermato nell’articolo laddove si afferma che “se si arrivasse al 70% sarebbe insostenibile”.
Per capire che tale affermazione risulta clamorosamente falsa e priva di alcun fondamento bastava leggere alcuni studi reperibili presso il sito dell’Unione Europea o lo studio recentemente pubblicato dall’European Environmental Bureau, dove viene proprio evidenziato che l’andamento dei costi complessivi risulta in netta e costante diminuzione laddove viene superato il 65% di RD.
Non si dovrebbe quindi mai valutare l’efficacia di un sistema di raccolta solo in base ai livelli di RD che consente di raggiungere, ma andrebbero valutati i risultati in termini di riduzione complessiva dei rifiuti prodotti (lo studio europeo prima citato evidenzia infatti che solo attraverso l’adozione della tariffazione puntuale, come nei casi virtuosi prima citati, si può realmente incentivare e diffondere le buone pratiche di riduzione a monte della produzione di rifiuti) ed i risultati qualitativi (cioè la minore presenza di impurezze delle frazioni intercettate per rendere più semplice e meno costoso il riciclaggio). Gli ultimi accordi Anci-Conai (quelli che regolano i corrispettivi da riconoscere ai comuni in proporzione ai quantitativi di imballaggi intercettati) hanno penalizzato moltissimo le RD stradali che non garantiscono una sufficiente purezza dei materiali raccolti. L’altro studio citato nell’articolo, quello di Bain & Company, non valuta i costi complessivi di sistema (quindi non solo i costi di raccolta ma anche i ricavi dalla vendita dei materiali ed i risparmi per i minori costi di smaltimento del residuo) ma solo i costi di raccolta, limitandosi ad affermare che la maggiore diffusione della raccolta porta a porta ha comportato maggiori costi di raccolta senza soffermarsi minimamente sul confronto dei livelli di impurezze dei tre sistemi confrontati (stradale, stradali con calotta e porta a porta).
Facciamo due esempi concreti, comparandoli. Se si esamina ad esempio il caso del Comune di Pordenone che vanta un 78 % di RD ma è caratterizzato raccolte stradali e di prossimità per le principali frazioni riciclabili presenta un ricavo dalla vendita dei materiali minimo (circa 3 €/ab.anno nel 2012) cioè meno di un terzo di quelli incassati nello stesso anno dal Comune di Novara dove invece la qualità dei materiali raccolti è sempre stata molto elevata poiché sono stati eliminati tutti i contenitori stradali (anche quelli del vetro) passando alla raccolta porta a porta per tutte le frazioni fin dal 2006 con livelli sempre superiori al 70 % di RD.
Non bisogna quindi stupirsi se si scopre che la diffusione di informazioni errate nel settore della gestione dei rifiuti continua ad essere operata anche per tramite di studi commissionati ad hoc. Gli interessi in gioco sono infatti enormi ed in Italia non si è mai seriamente operato per sradicare i numerosi conflitti di interessi tra chi valuta l’impatto ambientale e la fattibilità dei progetti e chi ottiene lucrose consulenze dai gruppi di interesse che operano per favorire la costruzione degli stessi impianti.
Questo potrebbe essere l’articolo che non leggerete mai su “La Repubblica” e sui maggiori quotidiani nazionali (ovviamente speriamo di essere smentiti…).Il punto è che la strada del cambiamento, anche nel campo della gestione dei rifiuti, è tracciata ormai da tempo. E va nella direzione opposta al vicolo cieco di inceneritori e discariche. Basta volerla intraprendere, come fanno ormai da anni centinaia di esperienze (istituzionali, associative, imprenditoriali) a tutti i livelli e a tutte le latitudini del nostro Paese, che sul modello del porta a porta spinto è un modello e un esempio per il resto d’Europa.
Bengasi Battisti, Presidente Associazione Comuni Virtuosi – Sindaco di Corchiano (VT)
Enzo Favoino, Scuola Agraria del Parco di Monza – Coordinatore scientifico Zero Waste Europe
Attilio Tornavacca, Esper
Roberto Cavallo, Cooperativa Erica
Gabriele Folli, Assessore all’ambiente del Comune di Parma
Ezio Orzes, Assessore all’ambiente del Comune di Ponte nelle Alpi – BL
Alessio Ciacci, Presidente ASM Rieti
Alberto Bellini, Direttivo Associazione Comuni Virtuosi – Docente universitario