piccoli comuni, centrali-committenza-642x426I piccoli Comuni potranno avere piena libertà sugli acquisti per importi inferiori a 40.000 euro. Questa è solo una delle novità contenute nell’ultima bozza di legge di stabilità approvata dal consiglio dei ministri il 15 ottobre scorso.

 

Tale disposizione ha riscritto la tempistica attuativa dell’art. 33, comma 3-bis, del codice dei contratti pubblici (d.lgs. 163/2006), il quale, a sua volta, impone ai comuni non capoluogo di provincia di avvalersi per i propri acquisti di una Centrale unica di committenza da istituire all’interno delle unioni o mediante accordo consortile, ovvero di un soggetto aggregatore ovvero ancora delle province.

 

Il disegno di legge di stabilità per il 2016 elimina il divieto di procedere autonomamente agli acquisiti di beni, servizi e lavori fino a 40 mila euro per i comuni con popolazione al di sotto dei 10 mila abitanti con la conseguenza che, fino a 40 mila euro, tutti i comuni senza alcuna distinzione potranno procedere in autonomia e non fare ricorso alla centrale di committenza.

 

Una misura utile se estesa anche a tutti gli altri Enti? Sembrerebbe di si, alla luce anche della Direttiva 2014/24/UE, che pur implementando il percorso per la centralizzazione degli acquisti precisa al considerando 59: «l’aggregazione e la centralizzazione delle committenze dovrebbero essere attentamente monitorate per evitare un’eccessiva concentrazione del potere d’acquisto e collusioni, nonché di preservare la trasparenza e la concorrenza e la possibilità di accesso al mercato per le Pmi».

 

In relazione alle eccezioni applicative dell’obbligo aggregativo, la determinazione n. 11/2015 dell’ANAC precisa che il ricorso agli strumenti elettronici gestiti da Consip (Mepa) o dai soggetti aggregatori regionali (piattaforme telematiche, altri mepa) non definisce una disciplina speciale per tali modalità di acquisto (semmai rappresentando la norma una sollecitazione ad un utilizzo più frequente), che sono comunque obbligatorie per gli acquisti di beni e servizi di valore inferiore alla soglia comunitaria (in base all’articolo 1, comma 450, della legge 296/2006).

 

Si ribadisce inoltre, con le disposizioni dell’articolo 125 del Codice dei Contratti, relativo agli acquisti in economia, non possono ritenersi norme speciali che continuano ad applicarsi ai comuni non capoluogo di provincia: solo i Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti possono procedere ad acquisti autonomi, secondo le regole dettate per la soglia inferiore all’importo di 40.000 euro.

 

Come espone, tuttavia, la Corte dei Conti, sezione controllo della Lombardia, con il parere contenuto nella deliberazione del 24 aprile 2013 n. 165 “salvo i casi di non reperibilità dei beni e servizi necessitati, l’avvenuta acquisizione di beni e servizi secondo modalità diverse da quelle previste dal novellato art. 1, comma 450, legge n. 296/06 e dall’articolo 33, comma 3 bis, cod. contr., da parte di comuni di qualsivoglia dimensione demografica, nella ricorrenza dei presupposti per il ricorso al MEPA, inficerà il contratto stipulato ai sensi del disposto di cui all’art. 1 comma 1 L. 135/ 2012 comportando le connesse responsabilità”.

 

Una novità attesa da diversi mesi (la misura fu richiesta dall’Anci in più occasioni e in più decreti-legge) quella che riguarda gli acquisti fino a 40 mila euro, dunque. Si attende che la presentazione ufficiale della Legge di Stabilità, a questo punto, faccia o no un intervento in materia.