“Sul fronte degli stipendi degli insegnanti e del personale della Scuola, l’Italia e’ nella lista nera dei paesi che non concedono aumenti: tra i 36 paesi europei esaminati nel rapporto ‘Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe, 2014-2015′, la nostra Penisola si colloca mestamente nel gruppetto – assieme a Grecia, Cipro, Lituania, Slovenia e Liechtenstein – che nel 2014 ha negato incrementi in busta paga rispetto all’anno precedente. In ben 23 paesi, invece, sono state attuate riforme salariali e aggiustamenti stipendiali al costo della vita”. Lo afferma l’Anief in una nota.
La notizia del congelamento degli stipendi fa il paio con quella della Ragioneria generale dello Stato, che è andata a verificare l’entità dei compensi assegnanti a tutti i comparti pubblici italiani. Anche in questo caso, docenti e Ata figurano in fondo alla classifica, addirittura facendo registrare nel 2013 un -3% rispetto all’anno precedente. I compensi medi di chi lavora nella scuola non arrivano, infatti, a 30mila euro. Mentre la media della PA è sui 35mila euro. E altri contesti ministeriali viaggiano su ben altre cifre, come i magistrati che portano “a casa” ogni anno oltre 142mila euro e nel 2013 non si sono fatti nemmeno mancare un +0,6% di incremento. Il risultato di questa anomalia è che, scrive Il Tempo, “un «prof» italiano porta a casa un salario medio di 1300-1500 euro contro i 7-8 mila di un giudice”.
“Quindi – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief – i nostri docenti risultano i meno pagati, a livello nazionale ed europeo, e sempre più avanti negli anni. Con prospettive di peggioramento. Perché lo sciagurato accordo interconfederale del 4 febbraio 2011 (non firmato da Flc-Cgil e Confedir) e il successivo atto di indirizzo all’ARAN del 15 febbraio 2011 hanno di fatto bloccato l’anzianità di servizio maturata dai neo-assunti per realizzare gli obiettivi di invarianza finanziaria. E i 200 milioni l’anno, previsti dalla Buona Scuola per incentivare il merito professionale, figli del Decreto Legislativo 150/09, non sono altro che un aumento per pochi intimi da assegnare solo a chi sfodererà nel corso dell’anno scolastico particolari performance professionali, in perfetto stile aziendale”.
Nella Legge 107/15, al comma 129, viene introdotto il nuovo nucleo di valutazione d’Istituto, poi da conformare alle linee guida ministeriali. Il vero problema è che nella scuola, nel frattempo, gli stipendi sono fermi da quasi sette anni, per via della legge Tremonti 122/2010 fino al 2012, e sono stati superati di 4 punti dall’inflazione. Perché poi è arrivata la proroga del Governo Letta (DPR 122/2013), nonostante siano stati pagati gli scatti per il biennio 2010-2011 ma ai valori del 2009, grazie ai tagli di 50mila posti di lavoro e alla riduzione di un terzo del Mof, con tanto di perdita di 500 milioni di euro. Anche il Governo Renzi ci ha messo del suo, confermando a fine 2014, con la Legge di Stabilità (L. 190/14), il blocco dell’indennità di vacanza contrattuale, implicitamente anche degli stipendi, fino a tutto il 2018.