antennaProtagonista della controversia, che si è conclusa con sentenza pubblicata oggi, è una società belga, operatrice di una rete pubblica di telecomunicazione, che è proprietaria e sfrutta una rete di piloni, che supportano alcune antenne di telefonia mobile, nel territorio della città di Mons. Le autorità della città belga hanno emesso tre avvisi‑estratti dal ruolo aventi ad oggetto l’assoggettamento della società all’imposta sui piloni e sui tralicci di diffusione per la telefonia mobile.

 

Il contenzioso nazionale

 

Detti avvisi‑estratti dal ruolo sono stati oggetto di reclamo, da parte della società, dinanzi al Consiglio comunale della città di Mons.A seguito della reiezione del reclamo, la compagine belga ha impugnato gli atti impositivi dinanzi al Giudice di primo grado di Mons, il quale li ha annullati. Il Comune belga ha, quindi, impugnato la sentenza resa in prime cure, dinanzi alla Corte d’appello di Mons.

 

La questione pregiudiziale

 

Il Giudice di secondo grado, sospeso il procedimento, ha sottoposto alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale ovvero se l’articolo 13 della direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (di seguito, “direttiva autorizzazioni”) vieti agli enti locali di tassare, per motivi di bilancio o di altro tipo, l’attività economica degli operatori di telecomunicazioni che si manifesti, nel loro territorio, con la presenza di piloni, tralicci o antenne di radiotelefonia mobile, destinati a tale attività.

 

Riflessioni sulla “direttiva autorizzazioni”

 

Alla compatibilità della normativa tributaria locale belga con il diritto europeo, la Corte addiviene dopo un’analisi della giurisprudenza di riferimento. In particolare, nell’ambito della direttiva autorizzazioni, i togati comunitari premettono che gli Stati membri non possono riscuotere imposte o contributi sulla fornitura di servizi e reti di comunicazione elettronica, diversi da quelli previsti da tale direttiva. Ne consegue che, affinché le disposizioni della direttiva autorizzazioni siano applicabili ad un’imposta quale quella controversa, il suo fatto generatore deve essere connesso alla procedura di autorizzazione generale, che garantisce, secondo l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della richiamata direttiva i diritti alla fornitura di reti o di servizi di comunicazione.

 

Ebbene la Corte ricorda, per quanto riguarda l’articolo 13 della direttiva autorizzazioni, oggetto precipuo del procedimento, che tale disposizione non riguarda tutti i contributi cui sono assoggettate le infrastrutture che consentono la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica ma verte sulle modalità di imposizione di contributi sui diritti d’uso delle frequenze radio o dei numeri o sui diritti di installare strutture su proprietà pubbliche o private, al di sopra o sotto di esse.

 

Normativa belga e compatibilità con il sistema europeo

 

Ciò premesso, la Corte si indirizza ad esaminare la normativa locale. Ebbene, nel caso di specie, emerge che l’imposta controversa «è dovuta da qualsiasi persona fisica o giuridica proprietaria del bene»; inoltre, la norma si riferisce a «piloni di diffusione o tralicci di una certa rilevanza che costituiscono strutture collocate in un sito ad esse riservato (…) destinate a supportare i vari tipi di antenne necessarie al buon funzionamento della rete di telecomunicazione mobile, che non sia stato possibile collocare su un sito già esistente (tetto, chiesa ecc.)».

 

Pertanto, secondo la giurisprudenza della Corte, i termini «strutture» e «installazione», impiegati nell’articolo 13 della direttiva autorizzazioni, rinviano, rispettivamente, alle infrastrutture materiali che consentono la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica e alla loro installazione materiale sulla proprietà pubblica o privata interessata.

 

In tal senso, nonostante l’imposta controversa sia applicata ai proprietari di piloni e di tralicci di diffusione destinati a supportare antenne necessarie al buon funzionamento della rete di telecomunicazione mobile, i quali costituiscono infrastrutture materiali che consentono la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica, non sembra – inferisce la Corte – che la predetta imposta presenti le caratteristiche di un contributo a cui sarebbero assoggettate le imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica, quale corrispettivo per la concessione del diritto di installare strutture.

 

Infine, conclude la Corte, il fatto generatore di tale imposta, cui sono assoggettati tutti i proprietari di piloni e di tralicci di diffusione, indipendentemente dal fatto che siano titolari di un’autorizzazione concessa in applicazione della direttiva autorizzazioni, non risulta connesso alla procedura di autorizzazione generale che abilita le imprese a fornire reti e servizi di comunicazione elettronica, circostanza che tuttavia deve essere verificata dal giudice del rinvio.

 

Le conclusioni della Corte

 

L’articolo 13 della direttiva autorizzazioni deve essere interpretato nel senso che non osta a che un’imposta, come quella oggetto del procedimento principale, sia applicata al proprietario di strutture collocate in un sito ad esse riservato, quali ad esempio piloni e tralicci di diffusione, destinate a supportare le antenne necessarie al funzionamento della rete di telecomunicazione mobile che non sia stato possibile collocare su un sito già esistente.