tasse 6In Senato audizioni sulla nota di aggiornamento del Def. Secondo Bankitalia: “Le tasse in Italia restano troppo alte ma scegliere quali ridurre è compito della politica”. L’Istat conferma che le stime riviste del governo sono in linea con i dati attesi, ma ammonisce: “La fiducia delle famiglie è indebolita dalla durata della crisi”. Per la Corte dei Conti, “permangono potenziali elementi di fragilità”.

 

Le tasse in Italia restano troppo alte ma scegliere quali ridurre é compito della politica. Certo é che un eventuale eliminazione del prelievo sulla prima casa può dare una spinta ai consumi solo se é percepito come “permanente” dopo i tanti cambi degli ultimi anni e che non é comunque quello il campo in cui l’ Italia é disallineata rispetto al resto d’ Europa. A fare il punto sulle scelte che il governo si appresta a fare con la legge di Stabilità é la Banca d’ Italia, che in audizione sul Def promuove la revisione verso l’ alto delle stime per il prossimo biennio ma allo stesso tempo avverte che sulla ripresa pesano ancora rischi esterni, dal rallentamento della Cina al “grave scandalo” Volkswagen.

 

Bene fa il governo, ha detto il vicedirettore generale Luigi Federico Signorini, a disinnescare le clausole di salvaguardia – non altrettanto chiaro lo stop oltre il 2016, avverte l’ Upb – che se scattassero ostacolerebbero una ripresa che si sta rafforzando ma resta “fragile” ed esposta ai a rischi “provenienti soprattutto dall’ economia globale”, contro i quali sarebbe “prudente assicurare un margine di sicurezza per affrontare” il loro “eventuale materializzarsi”.

 

Così come bisognerebbe riflettere bene sulla scelta di rallentare il percorso di abbattimento del debito e di raggiungimento del pareggio di bilancio, visto che la “finestra positiva” aperta dalla Bce con le sue misure straordinarie non durerà “indefinitamente” e andrebbe sfruttata anche per mettere in campo una “chiara e progressiva riduzione del debito, dopo otto anni di crescita ininterrotta”. Nei piani del governo c’é poi la richiesta flessibilità che attende il via libera di Bruxelles, e che ha bisogno di essere accompagnata da “nuove riforme” per supportare l’ estensione della clausola sulle riforme (e l’ esecutivo potrebbe indicarne alcune messe in campo e ‘ non previste’, come ad esempio quelle sul credito), e da investimenti che siano “aggiuntivi” per accedere a quella sugli investimenti, ha precisato il presidente dell’ Ufficio Parlamentare di Bilancio, Giuseppe Pisauro, confermando che le stime del governo per il 2017-18 sono un po’ troppo ottimistiche.

 

Può avere effetti quindi la riduzione delle tasse, anche se sugli immobili, ha ricordato Bankitalia, il Belpaese é “attualmente” in linea con la media europea che vede le “tasse ricorrenti” attestate sull’ 1,5% del Pil, mentre a essere “significativamente più elevato” é ad esempio il peso dell’ Irpef sui lavoratori dipendenti. Non solo, i principali Paesi – Spagna, Germania, Francia e Gran Bretagna – hanno un prelievo sulla prima casa e lasciano la gestione nella quasi totalità agli enti locali (eliminare il prelievo sull’ abitazione principale, ha detto, indebolisce il federalismo fiscale). Senza contare che l’ attuale assetto basato su rendite catastali non aggiornate produce “iniquità distributive” e che ci sono altre misure che hanno un impatto diretto “maggiore e più trasparente” sulla ripresa, cioé quelle sui fattori produttivi, in cantiere “solo dal 2017”.

 

In ogni caso anche il taglio delle tasse sulla casa potrebbero dare una spinta ai consumi delle famiglie, in particolare quelle che adesso hanno “vincoli di liquidità”, se queste percepiranno come “permanente” un intervento che sarebbe “il quinto negli ultimi sette anni”. Per il rilancio del settore costruzioni, peraltro, secondo Palazzo Koch anche altri interventi potrebbero essere positivi, come sgravi su lavoro e tassazione delle imprese o piani “urbanistici e ambientali” ad hoc. Intanto un segnale positivo arriva dai mutui, che ‘ volano’ nei primi 8 mesi di quest’ anno. Secondo gli ultimi dati dell’ Abi, rispetto ai primi 8 mesi del 2014 le nuove erogazioni hanno registrato un boom del +86,1% per quasi 29 miliardi di euro. Di questi il 29% é rappresentato dalle surroghe (la sostituzione del vecchio mutuo con un altro magari ai tassi attuali più vantaggiosi), un elemento che nei mesi scorsi, come hanno più volte sottolineato i consumatori é stato la vera spinta al mercato ma che appunto ora é minoritario. Basta incertezza sulle tasse, soprattutto per quelle sulla casa.

 

Nel promuovere il nuovo quadro dei conti pubblici tratteggiato dal governo con la nota di aggiornamento del Def, la Corte dei Conti suggerisce all’Esecutivo di “approfondire” l’impatto sulla crescita che si punta a ottenere attraverso il piano taglia-tasse annunciato da Matteo Renzi, che partirà il prossimo anno dalla Tasi sulla prima casa, dopo che negli ultimi anni ci sono stati ripetuti e “a volte contraddittori” interventi. E mette in guardia dal rischio che previsioni che per ora sono “ragionevoli”, ma che potrebbero rivelarsi “troppo ottimistiche” soprattutto per il mutato quadro internazionale, possano avere un effetto negativo sulla fiducia, che proprio ieri l’Istat ha registrato al top dopo gli anni più bui della crisi. Lo stesso istituto di statistica, sentito in Parlamento sul Def, certifica che le stime riviste del governo sono in linea con i dati attesi (il Pil anche nel quarto trimestre registrerà una crescita tra +0,2% e +0,4%, confermando in sostanza il +0,9% previsto dall’esecutivo).

 

Allo stesso tempo però, visto che la crescita più robusta nella strategia del governo fa perno sulla ripresa della domanda interna, invita a fare attenzione perché “l’espansione dei consumi potrebbe essere meno rapida” del +1,5% previsto dal governo perché influenzata “da una moderata riduzione della disoccupazione e da un più lento ripristino delle condizioni di fiducia delle famiglie, significativamente indebolite dalla durata della crisi”. Peraltro anche i magistrati contabili mettono in guardia perché “permangono potenziali elementi di fragilità nel percorso programmatico di finanza pubblica, che attengono alla tenuta del quadro di riferimento” esterno e “alla composizione della manovra”. Anche perché l’aumento programmato del deficit “riduce i margini di protezione rispetto a una valutazione che potrebbe rivelarsi troppo ottimistica degli andamenti tendenziali” esponendo la gestione del bilancio “agli effetti di una perdita di fiducia che risulterebbe incompatibile con l’ attuale impostazione”. Incertezze derivano poi dalle previsioni del gettito fiscale, che potrebbe essere “inferiore a quanto stimato”.

 

Mentre andrebbero meglio specificate le misure che si vogliono mettere in campo per disinnescare le clausole di salvaguardia non solo per il 2016 ma anche per gli anni successivi (oltre 26 miliardi nel 2017, circa 29 a regime nel 2019). Uno dei pilastri della manovra doveva essere la spending review da 10 miliardi di cui, come notano anche i tecnici di Camera e Senato, non c’è più traccia specifica nel Nota. E se va bene immaginare un percorso più ‘morbido’, visto che già “lo sforzo nei tendenziali è notevole” e che misure troppo drastiche sarebbero recessive, la Corte dei Conti ricorda allo stesso tempo che proprio “adeguati risultati nel controllo della spesa appaiono come il più importante fra i fattori di credibilità” per il Paese.