Dopo l’ultima disposizione legislativa legata allo svuota-carceri, l’evasore fiscale finisce dietro le sbarre solo se il giudice verifica la possibilità di una recidiva e se la pena può essere superiore ai tre anni. In caso contrario, niente custodia preventiva. Lo ha sancito la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 36918 del 14 settembre 2015, ha confermato i domiciliari a un presunto evasore fiscale.
Una delle prime a interpretare la norma contenuta nell’articolo 8 del dl 92 del 2014, la terza sezione penale chiarisce che la disposizione stabilisce, con alcune eccezioni, l’inapplicabilità della custodia in carcere laddove il giudice ritenga che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni.
Perciò, continua il Collegio di legittimità, dev’essere eseguita sia la valutazione circa la futura concessione della condizionale, per escludere nell’ipotesi di prognosi favorevole la custodia cautelare, e sia la valutazione circa una prognosi di condanna a pena non superiore a tre anni di reclusione, per escludere, se del caso, la custodia in carcere; «e ciò inevitabilmente richiede la formulazione di un giudizio prognostico, affidato al giudice cautelare per espressa previsione normativa che attribuisce in proposito una competenza funzionale al fine di evitare che l’imputato venga sottoposto a forme intense di restrizione della libertà personale alle quali, all’esito del giudizio di merito, se anche di colpevolezza, non sarà mai sottoposto in tutto o, anche solo, in parte o con modalità diverse e meno afflittive».