Uber si prepara al salto in borsa e si guadagna il titolo di startup con la valutazione più alta. Lo Stato italiano punta a stimolare la piccola impresa con il Fondo Centrale di Garanzia per le Pmi. Sono sintomi di come le startup siano un interlocutore importante e ormai indispensabile per le imprese tradizionali. Ma come conoscersi e interfacciarsi meglio, tra i due mondi? Un’analisi del Politecnico di Milano.
Mentre Uber si prepara al salto in borsa e si guadagna il titolo di startup con la valutazione più alta raggiunta finora (si è parlato negli scorsi giorni di circa 52 miliardi di dollari), lo Stato italiano punta a stimolare la piccola impresa con il Fondo Centrale di Garanzia per le Pmi, da giugno 2013 destinato anche alle startup innovative e agli incubatori certificati. Si tratta di evidenti sintomi di come l’ecosistema startup italiano continui a prosperare tra alti e bassi, successi e fallimenti, exit e crescite, facendo di questo giovane attore dell’economia nazionale e mondiale un interlocutore importante e ormai indispensabile per le imprese tradizionali. Conoscere e interfacciarsi meglio con il mondo delle startup può infatti portare a molteplici benefici per le imprese “consolidate”: per innovare la cultura interna, intercettare in anticipo nuovi trend tecnologici e di business, scoprire nuovi fornitori innovativi, trovare partner di business creativi.
Proprio con questo obiettivo lo scorso anno gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, all’interno di un più ampio impegno rivolto a iniziative di confronto e di ricerca sul mondo delle startup, hanno avviato un progetto denominato «Startup Intelligence», supportato da alcune delle principali aziende italiane appartenenti a diversi settori (quali utility, alimentare, trasporto, telecomunicazioni, etc.).
L’intento è quello di favorire la contaminazione tra il mondo delle startup digitali e le imprese italiane aperte e curiose, che hanno deciso di puntare sull’innovazione come un fattore critico di successo e vogliono comprendere meglio gli spunti creativi e innovativi che arrivano da questo comparto economico, in un’ottica di digital open innovation. Non basta infatti seguire i trend della tecnologia digitale ma occorre ripensare la digital innovation attraverso un ecosistema aperto che oltre alle risorse interne, alle Line of business ed ai fornitori tradizionali, affianchi startup, ma anche clienti guida e persino competitor in un contesto di “lean innovation”.
Il networking e la condivisione di know-how da parte di tutti gli attori in campo sono essenziali, come testimoniano le aziende tradizionali che si stanno muovendo verso l’ecosistema startup con gli obiettivi di incrementare l’innovazione – non solo della Direzione ICT -, di investire in R&D per vie esterne, di arricchire il proprio «sistema» di offerta, di diversificare il proprio business, di incrementare l’innovazione organizzativa.
Se dalla Survey CIO 2014 della Digital Innovation Academy della School of Management del Politecnico di Milano emerge che solo l’8% delle imprese italiane individua come prioritaria la possibilità di instaurare relazioni con le startup hi-tech, un dato che per le grandi aziende sale al 12%, l’ecosistema delle startup mantiene una forte vitalità e registra un incremento del 120% passando da 1227 startup innovative nel 2013 a 2716 nel 2014. Sempre dalla survey risulta che il settore più attento al mondo startup è quello del Finance, in cui il 24% delle aziende ha o avrà relazioni con imprese innovative di recente fondazione, seguito da Media-Telco (17%) e Utility&Energy (13%).
Snam, per esempio, è da alcuni anni impegnata in un ampio progetto di innovazione che, dal 2013, include lo scouting di startup hi-tech e l’integrazione dei loro prodotti innovativi come soluzioni interne all’azienda. Per la selezione iniziale delle startup l’azienda ha deciso di affidarsi al supporto di terze parti, partecipando a iniziative dedicate e multi-client (come appunto «Startup Intelligence») ed elaborando una matrice ad hoc che classifica le startup in base a due KPI: il livello di applicabilità e il livello di innovazione. Un’altra grande impresa italiana che ha sviluppato un processo strutturato di innovazione attraverso il finanziamento di startup è Enel, che ha avviato un percorso di apertura verso nuove modalità di gestione dell’innovazione, coinvolgendo attori esterni tra i quali le startup (ad oggi l’azienda ne ha finanziate 18). Per poter dare valore a prodotti e servizi innovativi, tecnologici e non, per Enel è infatti necessario strutturare una relazione con aziende piccole con grandi idee, ma anche con università di eccellenza nei temi dell’innovazione e con i partner tradizionali, nonché con i diretti competitor.
Come dimostrano anche i case history citati, avviare collaborazioni con le startup non è un processo automatico per le aziende tradizionali, ad esempio per introdurre percorsi lean verso un business sostenibile, per capire come si “acquistano” i servizi delle startup, per rendere profittevole per sé e per il mercato la creatività collettiva. E a questo scopo tavoli di confronto, tra aziende di differenti settori ma anche tra aziende e startup, e incontri formativi, come quelli previsti dal progetto «Startup Intelligence», diventano fondamentali per condividere e accrescere differenti culture tecnologiche e di innovazione.