Per molti comuni, la piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti è un optional e non adempimento imposto dalla legge. La Ragioneria generale dello stato, infatti, ha riscontrato un elevato tasso di inadempienza e per correggere la rotta sta pensando di inasprire le sanzioni.
La Piattaforma per la certificazione dei crediti consente ai Creditori della P.A. di chiedere la certificazione dei crediti relativi a somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali e di tracciare le eventuali successive operazioni di anticipazione, compensazione, cessione e pagamento, a valere sui crediti certificati.
L’istanza di certificazione può essere presentata da chiunque (società, impresa individuale o persona fisica) vanti un credito commerciale non prescritto, certo, liquido ed esigibile, nei confronti di una P.A. Fermo restando il requisito di non prescrizione del credito, è possibile presentare le istanze di certificazione in qualsiasi momento. Si segnala però che, per poter beneficiare della garanzia dello Stato, è necessario che l’istanza sia presentata nei termini previsti dalla legge.
Gli attori principali coinvolti nella certificazione dei crediti sono il titolare del credito, l’amministrazione o ente debitore, i creditori subentranti (le banche e gli intermediari finanziari, l’agente della riscossione) e altri soggetti.
Il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con quello dello Sviluppo Economico, che individua le modalità di compensazione, per il 2015, delle cartelle di pagamento con i crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione (D.M. 13 luglio 2015) dà attuazione all’art. 1 comma 19 della L. 190/2014 (Legge di stabilità 2015) che, si ricorda, ha esteso all’annualità corrente il meccanismo di compensazione introdotto dall’art. 12 comma 7-bis del D.L. 145/2013, altrimenti utilizzabile fino al 31 dicembre 2014.
In tutto questo, però, l’11 agosto è stato calcolato che solo 38,6 miliardi di euro su quasi 57 stanziati erano stati girati alle aziende. Gli enti pubblici continuano a pagare in ritardo e a non fornire i dati. Eppure il Tesoro pubblica solo la lista dei virtuosi e non ha fretta: le informazioni complete sulle fatture dovrebbero essere pronte entro il giugno 2017.
A fronte di questa situazione, via XX settembre ha prospettato l’ipotesi di introdurre ulteriori sanzioni per gli enti irrispettosi della normativa, oltre alla possibilità che l’indicatore di tempestività dei pagamenti (di cui all’art. 41 del dl 66) venga calcolato direttamente sulla base dei dati presenti in piattaforma e non più autonomamente dalle amministrazioni comunali. Su 20 mila enti pubblici registrati (dagli enti locali alle scuole alle Camere di commercio) solo 5.500 sono “attivi” nella comunicazione dei dati di pagamento e il Tesoro ha ricevuto notizie sui tempi di pagamento di solo 2 milioni di fatture sugli 8 milioni registrati dall’1 luglio 2014 al 30 giugno 2015.