Per le amministrazioni comunali i prossimi mesi si prospettano come decisivi per la riorganizzazione delle attività di procurement e di gestione degli appalti di lavori, in previsione dell’entrata in vigore il 1° novembre dell’obbligo di ricorso ai modelli di aggregazione, previsto dal comma 3-bis dell’articolo 33 del Dlgs 163/2006.
Ovviamente anche il conseguimento di un’informatizzazione efficace dell’apparato pubblico – ivi compresi i correlativi procedimenti – rappresenta un obiettivo fondamentale che dovrebbe necessariamente coinvolgere in via sussidiaria anche gli operatori economici specializzati.
Al fine di affrontare la tematica concernente la relazione tra gli istituti della centrale unica di committenza (CUC) e della stazione unica appaltante (SUA) è opportuno richiamare, preliminarmente, le disposizioni normative sulla cui base può essere fornita soluzione ai vari dubbi interpretativi posti e alle criticità sollevate. Rileva innanzitutto l’art. 33 del Codice, a tenore del quale: “Le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori possono acquisire lavori, servizi e forniture
facendo ricorso a centrali di committenza, anche associandosi o consorziandosi.”
Molti enti, in questo senso, hanno avviato percorsi per organizzare centrali uniche di committenza con altri Comuni non capoluogo, secondo schemi di prossimità o di macro-contesto, tenendo conto anche delle indicazioni elaborate dall’Anac con la determinazione n. 3/2015, che legittimano gestioni associate mediante convenzioni ex articolo 30 del Tuel.
In attesa della promulgazione del codice appalti, che potrebbe apportare novità come quelle relativi al general contractor, all’incentivo del 2% relativo alla progettazione interna, alla qualificazione di imprese e stazioni appaltanti, al project financing, per gli acquisti pubblici centralizzate le amministrazioni si sono riservate determinate scelte operative per continuare a rendere più efficace la funzionalità dei meccanismi. Non essendo pessimisti, il testo dovrebbe essere, quindi, definitivamente approvato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale entro la fine del mese di ottobre, ovvero a 4 mesi dalla scadenza per la definizione, approvazione e pubblicazione dei decreti delegati. Nel caso non si rispettassero i tempi (cosa molto probabile) l’Unione europea potrebbe intervenire aprendo una procedura di infrazione per il mancato rispetti dei tempi prefissati in due anni.
Ricordando anche che tra le quattro soluzioni delineate dalle norme lanciate dall’ANAC rientra anche il ricorso soggetti aggregatori, che sono stati individuati dall’Autorità nazionale anticorruzione in base a quanto stabilito dall’articolo 9 della legge 89/2014 e dal Dpcm 11 novembre 2014.
Le trentacinque macro-centrali di committenza sono destinate a gestire una parte molto rilevante di forniture di beni e servizi con elevato grado di standardizzazione, in grado di soddisfare i bisogni operativi di molte amministrazioni locali. Il loro ruolo viene a essere riconosciuto come prevalente anche nel Ddl delega per il recepimento delle direttive comunitarie in materia di appalti e di concessioni. Tale prefigurazione è uno dei pochi punti ancora rivedibili del Ddl, a fronte della necessità di definire un dimensionamento realistico dei tre livelli di acquisto, destinando ai soggetti aggregatori i macro-appalti, ai moduli aggregativi dei Comuni non capoluogo la gestione di acquisizioni in una fascia intermedia ed alle singole amministrazioni la gestione di acquisti di importo più limitato.
Sul versante relativo all’e-procurement, Consip ha svolto e svolge un ruolo fondamentale in questo senso, mettendo a disposizione degli enti una serie di strumenti (accordi quadro, convenzioni, MEPA, ecc.) la cui utilità e il cui impatto in termini di economie conseguite è documentato e incontrovertbile. Anche molte centrali regionali d’acquisto (a partire da Lombardia ed Emilia-Romagna) supportano gli enti locali e le aziende sanitarie fornendo opportunità di approvvigionamento sicuramente vincenti.
Probabilmente questo è il momento giusto per Consip (e per le centrali regionali d’acquisto già attive) per cominciare a immaginare un’offerta integrata per la gestione della supply chain delle PA locali. In questo senso è auspicabile l’attivazione di momenti di confronto coi principali fornitori di sistemi informativi amministrativo-contabile, in modo da favorire una sorta di integrazione “nativa” fra le piattaforme contabili e i sistemi di gestione della supply chain eventualmente forniti a livello centrale e/o regionale.
Intanto Regioni e Province Autonome hanno operato le proprie specifiche in campo: la Provincia autonoma di Bolzano, ad esempio, con l’articolo 11 della legge provinciale n. 9/2015 (adottata alla fine di luglio) ha stabiloito che i Comuni non capoluogo provinciale possono procedere, per gli affidamenti di lavori fino a 1.000.000 di euro e per i servizi e i beni sino a 207.000 euro senza ricorrere a centrali di committenza o forme di collaborazione intercomunali. Tali affidamenti devono però essere svolti mediante strumenti elettronici di acquisti, quali: il sistema telematico provinciale, il mercato elettronico provinciale, il mercato elettronico della Pa di Consip o l’adesione al sistema delle convenzioni-quadro, mentre in ordine agli affidamenti di lavori, servizi e forniture fino a 40.000 euro l’utilizzo degli strumenti elettronici non è obbligatorio.