I dati diffusi dall’Istat sulla produzione industriale di maggio fanno registrare un incremento congiunturale e tendenziale superiore alle aspettative. Il miglioramento viene rilevato in tutti i settori: aumenta l’indice relativo alla produzione di beni strumentali, energia, beni di consumo e beni intermedi.
Nel recente passato gli analisti hanno dovuto constatare una certa divergenza tra indicatori predittivi (per esempio il clima di fiducia dei consumatori e le aspettative dei gestori degli approvvigionamenti nelle imprese) e dati effettivi: i primi ormai da molti mesi impostati positivamente, i secondi ancora altalenanti tra dati positivi e negativi. L’incremento registrato a maggio, invece, sembra indicare un vero punto di svolta.
Del resto le condizioni esterne in cui opera l’economia italiana sono divenute favorevoli da alcuni mesi: il quantitative easing della Banca centrale europea ha migliorato le condizioni finanziarie per l’economia italiana; il prezzo del petrolio si è mantenuto a livelli inferiori al passato, con la conseguenza di un costo dell’energia più basso e quindi un effetto positivo sulla competitività del settore manifatturiero.
I dati sul lavoro diffusi dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali – per quanto riferiti al numero dei contratti e non al numero degli occupati – sembrano indicare che oltre alle variabili esterne stanno giocando un ruolo importante la politica di bilancio, divenuta più favorevole alla crescita, e le riforme adottate in Italia. Non solo l’effettiva implementazione delle riforme annunciate contribuisce alla fiducia complessiva nel cambiamento, ma nel campo del lavoro la combinazione delle riforme strutturali (Jobs act) e delle leve di bilancio (decontribuzione delle assunzioni a tempo indeterminato, cancellazione della componente Irap calcolata sul numero di addetti) crea gli incentivi corretti perché la nuova disciplina sia immediatamente utilizzata dalle imprese.
Infatti nel mese di maggio non solo aumentano i nuovi contratti rispetto allo stesso mese del 2014 (+2% al netto delle cessazioni), ma si registra l’incremento del peso dei rapporti attivati con contratti a tempo indeterminato (+5 punti percentuali) e la riduzione dell’incidenza di tutte le altre forme contrattuali (determinato, collaborazioni, apprendistato, altro), rafforzando così la tendenza iniziata nei primi mesi del 2015. Inoltre c’è un forte incremento delle trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato (+43% rispetto a maggio 2014).