La sentenza trae origine dalla questione pregiudiziale sollevata dall’Autorità giudiziaria rumena nell’ambito di un contenzioso che ha visto protagonisti, da un lato l’Amministrazione finanziaria rumena e dall’altro un’associazione di persone fisiche. Oggetto del contendere la tassazione Iva della vendita di 122 appartamenti costruiti dall’associazione.
La posizione dell’Amministrazione finanziaria
L’Amministrazione finanziaria rumena, dapprima, considerava le vendite degli appartamenti rientranti nell’ambito della gestione del patrimonio privato delle persone associate. Successivamente, contestava all’associazione di non avere assoggettato a Iva, durante gli anni 2008 e 2009, la vendita di 122 appartamenti nell’ambito di un attività di costruzione e vendita da qualificare, ai fini Iva, come attività economica.
Ciò posto, le questioni pregiudiziali riguardavano:
- la compatibilità con i principi generali del diritto dell’Unione europea di: certezza del diritto e legittimo affidamento, della prassi rumena che, dopo aver inizialmente riscosso dalla persona fisica l’imposta sui redditi provenienti dal trasferimento di proprietà che rientrano nel patrimonio personale, riesaminava la sua posizione e qualifica le medesime operazioni come attività economiche soggette ad Iva;
- la compatibilità con il diritto dell’UE, relativo all’Iva, della normativa rumena che da un lato obbligava al pagamento in favore dell’Erario dell’Iva, calcolando retroattivamente gli accessori, che avrebbe dovuto riscuotere per la vendita degli appartamenti e, dall’altro, negava il diritto di detrazione dell’Iva assolta dai contribuenti rumeni per la costruzione degli appartamenti sulla base della circostanza che l’associazione non fosse previamente registrata come soggetto passivo ai fini Iva.
La pronuncia della Corte
I giudici europei chiariscono, in via preliminare, la portata dei principi di matrice europea di certezza del diritto e del legittimo affidamento. A tal fine, osservano i giudici, che la certezza del diritto impone che la normativa dell’Unione sia certa e, la sua applicazione, prevedibile per coloro che vi sono sottoposti. Ciò significa, da un lato, che la situazione fiscale del soggetto passivo non può essere indefinitamente rimessa in discussione. Tuttavia, osservano i giudici europei, che il principio di certezza del diritto non osta al potere dell’Amministrazione tributaria di revocare, entro il termine di decadenza, una precedente decisione o di riqualificare una determinata operazione come attività economica soggetta all’Iva.
Sotto il profilo del legittimo affidamento, teso a tutelare la posizione dell’individuo al quale l’Autorità amministrativa abbia fatto sorgere fondate speranza a causa di assicurazioni precise che essa gli avrebbe fornito, evidenzia la Corte, nel caso concreto esaminato, che la circostanza che la prassi amministrativa rumena non avesse assoggettato in modo sistematico ad Iva, operazioni immobiliari quale quelle oggetto del procedimento, non poteva ingenerare alcun affidamento tutelabile. Ciò, tenuto conto della normativa rumena in vigore, chiara e precisa – secondo la Corte – e della rilevanza dell’operazione immobiliare posta in essere che avrebbe imposto ad un operatore economico prudente e accorto di ottenere o almeno cercare di ottenere assicurazioni esplicite dall’Amministrazione finanziaria della correttezza del trattamento fiscale applicabile.
Ciò premesso sul piano dei principi generali, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, la Corte di Giustizia ribadisce l’orientamento della giurisprudenza Ue consolidata, relativo all’Iva, secondo cui non si può impedire ad un soggetto passivo di esercitare il proprio diritto alla detrazione a motivo del fatto che non si sia, preventivamente, registrato ai fini dell’Iva. Conseguentemente, dichiara incompatibile con la normativa Ue, come interpretata dalla Corte di Giustizia, la normativa rumena che negava il diritto di detrazione dell’Iva assolta dall’associazione di contribuenti rumeni per la costruzione di appartamenti, sulla base della circostanza che l’associazione non fosse previamente registrata come soggetto passivo Iva e la dichiarazione dell’imposta dovuta non fosse stata presentata.
Giova rilevare, come la sentenza in commento sia coerente all’orientamento giurisprudenziale della Corte di Giustizia secondo cui il sussistere di un diritto a detrazione dipende dal fatto che la persona la quale acquista beni o riceve servizi agisca nella sua qualità di soggetto passivo. Trattasi di uno dei punti di fatto da valutare secondo le circostanze del singolo caso concreto. Determinare, infatti, se un soggetto passivo agisca in quanto tale è una questione di fatto che deve essere valutata tenendo conto di tutti gli elementi della fattispecie, tra i quali figurano la natura del bene considerato e il periodo di tempo intercorso tra l’acquisto dello stesso e il suo uso ai fini delle attività economiche di tale soggetto passivo (Cfr. Corte di Giustizia: sentenze: 11 luglio 1991, C- 97/90 Lennartz; 16 febbraio 2012, causa C- 118/11, Eon Aset Menidjmunt; e 8 marzo 2001, C 415/98, Bakcsi).
In particolare, nella sentenza in analisi, la Corte rammenta che il diritto a detrazione costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’Iva, che, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni, e va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte. Ciò, al fine di garantire la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di tali attività, purché esse siano esse stesse soggette all’Iva. Pertanto, il principio fondamentale di neutralità dell’Iva esige che la detrazione a monte di quest’ultima sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche se taluni obblighi formali sono stati omessi dai soggetti passivi.
Le conclusioni della Corte di giustizia
Ciò posto, ribadiscono i giudici europei, come la registrazione ai fini dell’Iva, nonché l’obbligo per il soggetto passivo di dichiarare l’inizio, la variazione e la cessazione delle proprie attività, costituiscono soltanto requisiti formali a fini di controllo, che non possono rimettere in discussione, in particolare, il diritto a detrazione dell’Iva, nei limiti in cui le condizioni materiali che fanno sorgere tale diritto siano soddisfatte. Inoltre, il fatto di sanzionare l’inosservanza, da parte del soggetto passivo, degli obblighi contabili e di dichiarazione con un diniego del diritto a detrazione eccede chiaramente quanto necessario per conseguire l’obiettivo di garantire il corretto adempimento di tali obblighi e quanto è necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’Iva ed evitare evasioni. Essendo sufficiente e possibile, se del caso, la previsione – da parte del legislatore nazionale – di un’ammenda o una sanzione pecuniaria, purché proporzionata alla gravità dell’infrazione commessa.