redditiAl primo punto del programma presentato dal Presidente dell’Inps c’è l’introduzione di un reddito minimo garantito per i lavoratori con oltre 55 anni.

 

Una Rete di Protezione Sociale dai 55 anni in su. E’ il primo passo verso l’introduzione di quella rete di base, di quel reddito minimo garantito, che oggi manca nel nostro Paese (scrive il Presidente dell’Inps Tito Boeri, ndr). Al di sopra dei 55 anni è molto difficile trovare un impiego alternativo (solo un disoccupato su dieci ci riesce secondo le nostre stime). Dunque si sente molto meno il bisogno di avere un’amministrazione che imponga forme di attivazione ai beneficiari.

 

Al tempo stesso è proprio per via della lunghissima durata della disoccupazione fra gli over 55 che la povertà in questa fascia di età è aumentata così tanto durante la recessione. Le persone povere disoccupate con più di 55 anni sono più che triplicate nell’arco di sei anni. Stabilendo che l’assistenza sociale va fornita con regole uniformi tanto a chi si è ritirato dalla vita attiva che a chi è ancora saldamente in età lavorativa, si riuscirà anche, per la prima volta, a separare assistenza e previdenza nei nostri conti previdenziali. Si tratta di una separazione vera, di sostanza e non solo di natura contabile. L’assistenza deve essere finanziata dalla fiscalità generale mentre la previdenza è una prestazione assicurativa, che prevede trasferimenti tra generazioni diverse, e che garantisce diritti proporzionati ai contributi versati durante l’intero arco della vita lavorativa.

 

Inoltre si potrà superare un vizio d’origine del sistema contributivo introdotto nel nostro ordinamento a partire dalla seconda metà degli anni ’90: quello di non prevedere prestazioni minime per chi non ha altri redditi e ha accumulato un montante contributivo troppo basso per garantirsi una pensione al di sopra della soglia di povertà.