In caso di sblocco contrattuale, che il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, promette di attuare forse già subito dopo l’estate, entrerebbe in vigore l’applicazione della Legge 150/2009, firmata dall’allora ministro della funzione pubblica Renato Brunetta, che cancellerebbe i riferimenti all’anzianità di servizio, per fare spazio alle prestazioni individuali realizzate all’interno del comparto pubblico di appartenenza. Il settore scolastico, con l’approvazione del ddl Renzi-Giannini, lo prevede già.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir-Cisal): siamo pronti a contrastare legalmente questo modo di procedere, sollevandolo per mancata legittimità costituzionale. E rivendicando anche la restituzione delle somme relative al blocco dell’indennità di vacanza contrattuale che, avviata nel 2008, è stata addirittura procrastinata sino al 2018 attraverso l’ultima Legge di Stabilità. Se la perequazione sulle pensioni è stata dichiarata illegittima, perché quella sui mancati adeguamenti stipendiali dovrebbe essere considerata lecita?
In un paese come l’Italia dove si continuano a varare leggi e riforme colme di errori e di norme incostituzionali, le sentenze dei tribunali diventano fondamentali per ristabilire le regole su un piano di giustizia e di democrazia. Lo sa bene il Governo italiano, che tramite il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, ha fatto sapere di avere intenzione di avviare, a fine estate, “lo sblocco dei contratti del pubblico impiego”. Anche se il titolare della PA tenta di riparare il danno prodotto dallo Stato negli ultimi sei anni, ammettendo di aver “sbagliato” e di puntare ora su una “direzione che avevamo già intrapreso”, il cambio di marcia dell’Esecutivo è arrivato solo a seguito della pronuncia da parte della Consulta di considerare illegittimo il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici.
“Il tema – scrive oggi la rivista Orizzonte Scuola – è diventato priorità, dato che gli impiegati coinvolti sono 3,3 milioni con un costo che potrebbe aggirarsi intorno a 5-7 miliardi di euro”. La rivista specializzata sottolinea, tuttavia, che “è possibile che lo sblocco non avvenga per tutti gli impiegati allo stesso tempo e che si segua una tabella che gradualmente riporti le progressioni alla normalità. Prima si partirebbe dagli stipendi più bassi”.
Per il sindacato, però, una decisione del genere, la volontà di applicare gli aumenti ai dipendenti pubblici in modo diseguale, non è accettabile. “Si tratterebbe di un’operazione discriminatoria – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal – che farebbe perdurare milioni di stipendi ben al di sotto degli aumenti del costo della vita. Siamo pronti a contrastare legalmente questo modo di procedere, sollevandolo per mancata legittimità costituzionale. E rivendicando, all’interno del ricorso, anche la restituzione delle somme relative al blocco dell’indennità di vacanza contrattuale che, avviata nel 2008, è stata addirittura procrastinata sino al 2018 attraverso l’ultima Legge di Stabilità, la 190/2014”.
Secondo l’ufficio legale dell’Anief, il rinnovo contrattuale potrebbe non produrre alcun beneficio nelle buste paga dei lavoratori statali. Qualora si sbloccassero i contratti, infatti, entrerebbe subito in vigore, in modo automatico, l’applicazione della riforma del pubblico impiego, la Legge 150/2009, firmata dall’allora ministro della funzione pubblica Renato Brunetta, secondo cui il rinnovo contrattuale dei pubblici dipendenti avrebbe comportato la cancellazione dei riferimenti all’anzianità di servizio, per fare spazio alle prestazioni individuali realizzate all’interno del comparto pubblico di appartenenza. Inoltre, una parte dei dipendenti pubblici potrebbe perdere l’aumento di 80 euro mensili deciso dal Governo Renzi per gli stipendi fino a 25mila euro.
“L’anticipazione di questo modello – ricorda Pacifico – l’abbiamo avuta già nella Scuola, dove con il disegno di legge 1934 approvato dal Senato la settimana scorsa, il cosiddetto ‘merito’ professionale, da tradurre con stipendi annuali maggiorati, è stato legato ad un aumento di salario accessorio da conferire a chi desidera, secondo i criteri dell’istituendo comitato di valutazione, composto da preside, docenti, un membro esterno, genitori e, alle superiori, anche da un rappresentante degli studenti”.
“Si tratta di procedure contro cui il sindacato ha intenzione di agire. Se, infatti, il mancato adeguamento dei trattamenti previdenziali al costo della vita, deciso dall’esecutivo Monti con il decreto ‘Salva Italia’ per il biennio 2012-2013, è stato reputato illegittimo dalla Consulta, è evidente che la medesima perequazione è stata applicata agli stipendi dei dipendenti pubblici a seguito degli adeguamenti rimasti fermi dal 2008 e andati ben sotto l’inflazione. Presto ne risentiremo parlare attraverso, auspichiamo, qualora i nostri ricorsi vengano accolti”, conclude il sindacalista Anief-Confedir-Cisal.
L’esito dei ricorsi, anche sul mancato conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale, andrebbe anche mettere in parte in discussione la decisione della Consulta di reputare illegittimo il blocco dei contratti, senza però sanare i pregressi negati aumenti stipendiali, di cui i tre milioni di lavoratori pubblici e le rispettive famiglie avevano pieno diritto per non soccombere di fronte al progressivo elevarsi delle spese quotidiane.
Tutti coloro che sono interessati a ricorre con Anief per recuperare i soldi persi sino ad oggi con il mancato rinnovo del contratto, anche per il mancato conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale relativa al periodo 2008-2018, possono collegarsi a questa pagina predisposta dal giovane sindacato.