jobsCon Circolare n.13/2015 la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha fornito un primo indirizzo interpretativo del D.Lgs. n. 81/2015 attuativo del Jobs Act e pubblicato in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.144 del 24-6-2015 – Supplemento Ordinario n. 34. In particolare i Consulenti del Lavoro si concentrano, con questo primo intervento, sulle nuove collaborazioni, le associazioni in partecipazione e sulla disciplina delle mansioni.

 

Per quanto concerne i contratti di lavoro il Jobs Act cambia a l’impostazione legislativa sulle false collaborazioni coordinate e continuative. La nuova Riforma del Lavoro Renzi ha infatti spostato l’indice di valutazione sulla modalità organizzativa adottata dall’azienda e ha attribuito alle forme di collaborazione, con e senza Partita IVA, sostanzialmente simili al lavoro subordinato le stesse tutele previste per i lavoratori subordinati. Secondo la Fondazione Studi:

 

“Da un punto di vista della tecnica legislativa la nuova norma conferma la nozione classica di lavoro subordinato contenuta nell’art. 2094 c.c., affiancando ad essa una nuova nozione di “collaborazione organizzata” nella quale si attribuisce una valenza legislativa ad alcuni elementi sintomatici più significativi che marcano la differenza tra le due tipologie negoziali: ossia, il tempo e il luogo di lavoro. In presenza di questi requisiti, si applicano le stesse tutele al lavoro subordinato e al collaboratore autonomo. I requisiti possono essere certificati dalle commissioni di certificazione e il lavoratore può farsi assistere anche da un consulente del lavoro; in questo caso la norma conferma l’affidabilità dalla categoria dei consulenti del lavoro nel ruolo di terzietà”.

 

Viene eliminato il contratto di associazione in partecipazione se l’associato è una persona fisica che apporta lavoro: i contratti in essere proseguono fino a scadenza, non se ne possono stipulare di nuovi. Tecnicamente, sono abrogati il secondo e terzo comma dell’articolo 2549 del codice civile e l’articolo 1, comma 30, della legge 92/2012. Rimangono valide invece le associazioni in partecipazione con apporto di lavoro laddove l’associato è rappresentato da un soggetto societario, visto che la norma fa esplicito ed esclusivo riferimento alle “persone fisiche”.

 

Per quanto riguarda la nuova disciplina delle mansioni, viene introdotta la possibilità di demansionamento del lavoratore (oggi vietata dallo Statuto dei Lavoratori), ovvero il datore di lavoro può cambiare unilateralmente inquadramento al lavoratore in caso di modifiche agli assetti organizzativi destinate ad incidere sulla posizione del dipendente. Questo vale in caso di ristrutturazione aziendale e in altri casi individuati dai contratti collettivi. L’impresa può modificare le mansioni del dipendente, limitatamente a un livello e senza diminuire lo stipendio e può eventualmente contrattare individualmente con il dipendente, attraverso una specifica procedura protetta, una modifica delle mansioni e del livello di inquadramento (e di retribuzione) purché questo sia:

 

“Nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita”.

 

La Fondazione Studi precisa il significato della “modifica degli assetti organizzativi”:

 

Facendo riferimento ad “un orientamento giurisprudenziale relativo al licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, il quale sostiene che quest’ultimo sarà considerato sussistente ad esempio quando la variazione venga realizzata con lo scopo di una più economica gestione dell’impresa, e “decisa dall’imprenditore non semplicemente per un incremento del profitto, ma per far fronte a sfavorevoli situazioni, non meramente contingenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva ed imponenti un’effettiva necessità di riduzione dei costi”(Cassazione, Sezione lavoro, sentenza n. 23222 del 17.10.2010)”.