cimitero_0In materia di Iva, la Corte di giustizia della Comunità europea, con sentenza del 17 ottobre 1989 cause riunite C-231/87 e 129/88, ha avuto modo di affermare che le concessioni di aree e di manufatti cimiteriali effettuate dai Comuni, in quanto rientranti tra le attività svolte dagli enti pubblici in veste di pubblica autorità, devono ritenersi escluse dal tributo, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 4, paragrafo 5, primo periodo, della sesta direttiva Iva del 1977 (oggi articolo 13, paragrafo 1, della direttiva di rifusione 2006/112/Ce). Irrilevanti ai fini del tributo anche la costruzione di alloggi di edilizia popolare e la prestazione di servizi polifunzionali destinati ad attività istituzionali.

 

In base alla richiamata disposizione, infatti, gli Stati, le Regioni, le Province, i Comuni e gli altri enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi Iva in relazione alle operazioni effettuate in veste di pubblica autorità; anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni, ad eccezione dei casi in cui il loro mancato assoggettamento a imposizione provocherebbe “distorsioni della concorrenza di una certa importanza”.

 

Il legislatore nazionale, in attuazione della citata disposizione sovranazionale e della relativa interpretazione di essa fornita dalla Corte di giustizia europea, con l’articolo 1, comma 14, del Dl 30 dicembre 1991, n. 417, ha espressamente escluso dal campo di applicazione dell’Iva gli atti di concessione di aree e manufatti cimiteriali che sono posti in essere dagli enti pubblici, in quanto appunto agiscono, in tale particolare settore, nell’espletamento di poteri e funzioni di natura pubblicistica.

 

Prendendo le mosse dalla citata normativa comunitaria e nazionale, nonché dalla suddetta giurisprudenza della Corte di giustizia europea, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 2639/2015, hanno quindi sostanzialmente ribadito il principio – già precedentemente affermato dalla stessa Cassazione (3 luglio 2003, n. 10472; 22 febbraio 2012, n. 2609) – in virtù del quale gli atti di disposizione a titolo oneroso dei beni in questione rientrano nel campo di applicazione dell’Iva unicamente quando sono posti in essere da soggetti giuridicamente diversi dagli enti territoriali e dagli organismi di diritto pubblico; operando, solo in tal caso, la presunzione di commercialità di cui all’articolo 4 del Dpr n. 633/1972.

 

Secondo la Suprema corte, infatti, sono attività poste in essere nella qualità di pubblica autorità quelle svolte dagli enti di diritto pubblico nell’ambito del loro regime giuridico, con esclusione delle attività che essi svolgono soggette alla stessa normativa applicabile ai privati. In particolare, “Sono attività poste in essere nella qualità di “pubblica autorità” quelle riconducibili ad atti e provvedimenti tipici delle autorità localmente preposte alla cura delle funzioni pubbliche. Quando, invece, tali enti agiscono in forza dello stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati, non si può ritenere che svolgano attività in quanto pubbliche autorità, e conseguentemente devono essere considerati soggetti passivi ai fini IVA”.

 

Inoltre, secondo la Corte di cassazione, in applicazione del principio richiamato, deve parimenti essere considerata svolta in veste di pubblica autorità e quindi per fini istituzionali, la costruzione da parte del Comune di alloggi di edilizia popolare e la prestazione di servizi polifunzionali destinati ad attività istituzionali.

 

Si osserva, infine, che la conclusione cui è pervenuta la Cassazione nella sentenza in epigrafe, trova (sia pure indiretta) conferma anche nella posizione assunta in passato dallo stesso ministero delle Finanze, il quale, con la risoluzione n. 550606 del 15 marzo 1990, ha infatti affermato che “la concessione di aree cimiteriali da parte dei Comuni è attività non rilevante ai fini IVA”.