Gli immobili o le parti di essi a destinazione artigianale non pagano il contributo di costruzione. Lo ha ribadito il Tar Veneto, che con la sentenza 589/2015 ha spiegato l’applicazione dell’articolo 19 del Testo unico dell’edilizia (DPR 380/2001).
Nel caso all’esame, come risulta dalle planimetrie depositate in giudizio e dalla denuncia di inizio attività che attesta l’esecuzione dei lavori approvati dai vigili del fuoco (cfr. la tavola 3h relativa al progetto di variante a consuntivo del permesso di costruire e la predetta denuncia di inizio attività di cui ai docc. 1 e 2 del secondo elenco documenti depositato in giudizio il 17 marzo 2015) la parte commerciale e artigianale dell’immobile sono chiaramente delimitate e strutturalmente separate, e l’attività artigianale, che comprende lo svolgimento di lavori meccanici, elettrici, di gommista e lavaggio, ha un’autonomia funzionale, perché svolta non solo in favore degli acquirenti dei veicoli oggetto dell’attività commerciale, ma anche nei confronti di proprietari di automobili di altri marchi, come risulta dai contratti di service partner depositati in giudizio (cfr. docc. da 7 a 10 allegati al ricorso), dalle insegne luminose autorizzate (che recano anche la scritta “meccanico – elettrauto gommista”, cfr. doc. 12 allegato al ricorso), nonché dalla nota di accettazione delle consistenti somme fissate quale obiettivo complessivo di vendita di ricambi originali (cfr. doc. 5 allegato al secondo elenco documenti depositato in giudizio il 27 marzo 2015), e la Società non opera solo nel ramo di attività commerciale, ma anche in quello dell’industria meccanica come risulta dall’attestazione Inps del 13 marzo 2006 (cfr. doc. 3 allegato al secondo elenco documenti depositato in giudizio il 27 marzo 2015).
In un tale contesto nel quale il Comune non contesta né la descrizione della costruzione effettuata dalla parte ricorrente, né l’esercizio dell’attività artigianale secondo le modalità da essa indicate, in base al criterio dell’oggettiva destinazione funzionale delle opere, il conteggio deve essere condotto in maniera distinta sulle superfici afferenti ai diversi usi che, con riguardo alla componente del costo di costruzione, soggiacciono a regimi diversi, non potendosi dar corso al criterio della destinazione prevalente in una fattispecie caratterizzata dalla netta separazione strutturale delle due destinazioni, e dalla comprovata non accessorietà dell’attività artigianale rispetto a quella commerciale.
Peraltro il Comune non ha indicato né in sede procedimentale né in giudizio come applicare il criterio di prevalenza alla fattispecie in esame e, come evidenziato dalla parte ricorrente nella memoria di replica, il riferimento al criterio della superficie produrrebbe l’effetto paradossale di esentare dal pagamento del costo di costruzione anche la superficie con destinazione commerciale, dato che la superficie con destinazione artigianale (mq 3.131,10) è molto maggiore di quella commerciale (mq 1710,60).
Ne discende che il ricorso deve essere accolto.
Ai fini della quantificazione della somma da corrispondere, il Collegio ritiene di fare applicazione della previsione di cui al’art. 34, comma 4, cod. proc. amm., secondo cui, in caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine, stabilendo che debbano essere restituite dal Comune di Venezia le somme corrisposte dalla parte ricorrente a titolo di costo di costruzione relativo al computo metrico estimativo riferito alla parte della costruzione con destinazione artigianale, maggiorate degli interessi legali dalla data della domanda sino all’effettivo soddisfo ai sensi dell’art. 2033 del codice civile, con esclusione della rivalutazione monetaria (rispetto all’esclusione della rivalutazione cfr. Tar Toscana, Sez. III, 27 novembre 2014, n. 1902; Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 18 settembre 2013, n. 2172; Consiglio di Stato, Sez. V, 17 ottobre 2013, n. 5045; Tar Friuli Venezia Giulia, 12 dicembre 2013, n. 649).
Tenuto conto della parziale novità delle questioni oggetto della controversia le spese di giudizio vengono compensate per metà, mentre per la restante parte seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.