Se l’ufficio contesta solo la mancata indicazione separata delle spese in dichiarazione, è superflua la comunicazione al contribuente circa la possibilità di fornire le sue prove.
In tema di indeducibilità dei costi black list, non lede il principio del contraddittorio il comportamento dell’ufficio che omette la previa notifica al contribuente dell’avviso con il quale viene concesso un termine di 90 giorni per fornire la prova delle esimenti di cui all’articolo 110, comma 11, del Tuir, qualora l’atto impositivo che riprende a tassazione detti costi – emesso ai sensi della medesima disposizione nella formulazione ante legge 296/2006 – si limiti a contestare la violazione dell’obbligo di indicazione separata degli stessi in dichiarazione.
Ad affermarlo è la Corte di cassazione, nella sentenza n. 8210 del 22 aprile 2015.
La vicenda processuale
Il contenzioso trae origine dall’impugnazione degli avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva determinato in capo a una società lombarda un maggior reddito d’impresa in relazione agli anni d’imposta 2002, 2003 e 2004, riprendendo a tassazione i costi dalla stessa sostenuti per l’acquisto di materie prime da imprese domiciliate in Paesi a fiscalità privilegiata, ritenuti indeducibili perché non indicati separatamente nelle rispettive dichiarazioni fiscali.
La Ctr di Milano, in riforma delle sentenze di primo grado che avevano rigettato i ricorsi proposti dalla contribuente, annullava gli avvisi di accertamento impugnati e condannava la società alla sola sanzione amministrativa prevista dall’articolo 8, comma 1, del Dlgs 471/1997 (“Violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni”).
In particolare, il giudice d’appello ha ritenuto che le operazioni commerciali fossero state effettivamente eseguite ma, ancor prima, ha rilevato come l’ufficio, in violazione dell’articolo 76, comma 7-ter (ora 110, comma 11), del Tuir vigente ratione temporis, avesse trascurato di notificare antecedentemente all’emissione degli atti impositivi l’apposito avviso, per consentire alla parte di fornire prova della sussistenza di una delle esimenti alternativamente previste dalla richiamata disposizione (svolgimento prevalente di un’attività commerciale effettiva da parte dell’impresa domiciliata nel Paese black list ovvero esistenza di un effettivo interesse economico all’operazione contestata e sua concreta esecuzione).
La Ctr inoltre, dato atto che l’indeducibilità del costo quale conseguenza della violazione dell’obbligo dichiarativo era stata soppressa dall’articolo 1, comma 301, della legge 296/2006, ha ritenuto che detta omissione costituisse una mera irregolarità formale, con possibilità di correzione per il contribuente, mediante presentazione di una dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del Dpr 322/1998 e conseguente applicazione della sola sanzione prevista dall’articolo 8, comma 1, del Dlgs 471/1997.
Avverso la predetta sentenza l’ufficio proponeva ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi. La società resisteva con controricorso e memoria depositata ai sensi dell’articolo 378 del codice di proceduta civile.
La pronuncia della Cassazione
Con la sentenza in commento, la Corte suprema accoglie due dei cinque motivi di ricorso dedotti dall’ufficio.
In primo luogo, i giudici di legittimità ritengono che la sentenza di appello violi l’articolo 110, comma 11, del Tuir, in relazione alle conseguenze dell’omessa notifica dell’avviso atto a consentire alla parte l’offerta di prova dell’effettività delle operazioni contestate.
Il ragionamento della Corte muove, sul punto, dalla circostanza che – all’epoca in cui vennero emessi gli avvisi di accertamento impugnati – l’articolo 110 del Tuir prevedeva due concorrenti condizioni affinché il contribuente potesse portare in deduzione i costi rinvenienti da operazioni commerciali intrattenute con imprese aventi sede nei Paesi a fiscalità privilegiata: non la sola effettività e concreta esecuzione di dette operazioni, bensì anche la separata indicazione dei costi stessi in dichiarazione.
“Nella specie”, prosegue la Corte, “l’Ufficio ebbe a contestare solo detto ultimo inadempimento, sufficiente, all’epoca, da solo a rendere i costi indeducibili, con la conseguenza che l’emissione della comunicazione al contribuente circa la possibilità di fornire le sue prove era, a quella data e nel particolare caso, superflua”.
Ne discende l’irrilevanza della questione sollevata dalla controricorrente sul punto e relativa a un’asserita violazione del principio del contraddittorio da parte dell’organo accertativo.
In secondo luogo, la Corte si sofferma sulla statuizione della Ctr lombarda in merito alla sanzione applicabile al caso di specie.
Invero, avendo il contribuente provveduto alla presentazione di una dichiarazione integrativa con separata indicazione dei costi black list solo successivamente alla notifica dei processi verbali che contenevano la contestazione della violazione, non può irrogarsi la più lieve sanzione prevista dall’articolo 8, comma 1, del Dlgs 471/1997, trovando invece applicazione il nuovo regime sanzionatorio introdotto dalla legge 296/2006, articolo 1, comma 302, ovvero la sanzione – pari al 10% dell’importo complessivo dei componenti negativi non separatamente indicati – di cui all’articolo 8, comma 3-bis, del Dlgs 471/1997.
Al riguardo, i giudici di legittimità ritengono di dover dare continuità “all’orientamento già espresso da questa Corte (v. Cass. nn. 5398/2012; 1158/2014; 20081/2014) secondo cui dopo la contestazione della violazione è preclusa ogni possibilità di regolarizzazione, essendo indubbio che, ove ciò fosse possibile, la correzione stessa cesserebbe di essere un rimedio accordato dal legislatore per ovviare ad un errore del contribuente per trasformarsi in mezzo elusivo delle sanzioni predisposte per l’inosservanza delle disposizioni relative alla compilazione della dichiarazione dei redditi”. E ciò, conclude la Corte, a maggior ragione laddove si consideri che nel caso di specie la separata indicazione in dichiarazione – in quanto preordinata all’effettuazione dei controlli – non integra, come invece ritenuto dal giudice del merito, una mera irregolarità formale.
Quadro normativo di riferimento e precedenti giurisprudenziali
Prima della modifica normativa introdotta con legge 296/2006 (Finanziaria 2007), la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese domiciliate in Paesi a fiscalità privilegiata era “comunque” subordinata alla separata indicazione degli stessi nella dichiarazione dei redditi. L’obbligo dichiarativo, di natura formale, assumeva, pertanto rilevanza sostanziale, in quanto costituiva condizione necessaria, anche se non sufficiente, ai fini della deducibilità dei costi black list.
La legge Finanziaria per il 2007, all’articolo 1, commi 301 e 302, è intervenuta sull’articolo 110, comma 11, del Tuir, eliminando la “sanzione impropria” della indeducibilità quale conseguenza della mancata indicazione separata del costo in dichiarazione.
Per altro verso, la novella legislativa, pur mantenendo fermo l’obbligo dichiarativo, ha sanzionato la relativa violazione con l’irrogazione della sola sanzione introdotta dall’articolo 8, comma 3-bis, del Dlgs 471/1997 (pari al 10% dell’importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati, con un minimo di 500 euro e un massimo di 50mila euro).
Infine, il comma 303 prevede l’applicazione retroattiva della nuova sanzione anche alle violazioni commesse prima dell’entrata in vigore della legge, a condizione che il contribuente fornisca prova della sussistenza delle esimenti di cui all’articolo 110, comma 11, Tuir. In tal caso, resta ferma l’applicazione della sanzione residuale di cui all’articolo 8, comma 1, Dlgs 471/1997 (da 258 a 2.065 euro).
Sul punto, la circolare 46/2009 dell’Agenzia delle Entrate ha precisato che, in considerazione di evidenti ragioni di coerenza sistematica, “gli effetti di tale ammissione alla prova non possono essere circoscritti alla sola mitigazione della sanzione applicabile, ma debbono investire anche il profilo sostanziale della deducibilità dei costi”. Ne consegue che, secondo il richiamato documento di prassi, l’inosservanza dell’obbligo dichiarativo non è di ostacolo alla deducibilità dei costi black listnon solo con riferimento alle violazioni commesse dopo l’entrata in vigore della legge Finanziaria 2007, bensì anche per quelle commesse prima di tale data, a condizione che sia soddisfatta la prova delle esimenti di cui all’articolo 110, comma 11, Tuir.
Il medesimo documento ha poi fornito chiarimenti in ordine alle sanzioni applicabili in presenza di una dichiarazione integrativa.
Più precisamente, se la correzione avviene prima dell’avvio dei controlli da parte dell’ufficio, la sanzione applicabile è quella “residuale” prevista dall’articolo 8, comma 1, Dlgs 471/1997.
Qualora invece la dichiarazione integrativa recante la corretta indicazione separata dei costi black list sia stata presentata successivamente all’avvio delle attività di controllo, risulterà applicabile la nuova sanzione proporzionale di cui all’articolo 8, comma 3-bis, del Dlgs 471/1997.
Si segnala, da ultimo, la presenza di orientamenti giurisprudenziali difformi in merito agli effetti del mancato assolvimento dell’obbligo dichiarativo.
In un primo momento, invero, i giudici di legittimità hanno statuito come l’omessa indicazione separata in dichiarazione dei costi black list, nella previgente formulazione dell’articolo 110, comma 11, Tuir, costituisse condizione di per sé sufficiente a determinare l’indeducibilità dei componenti negativi (cfr sentenza 5398/2012 e 20081/2014).
Con la recente sentenza 2612/2015, la Corte si è discostata da tale orientamento, affermando come la ratio dell’innovazione legislativa (trovare un punto di equilibrio meno gravoso per il contribuente, contemperando l’interesse di questi a dedurre i costi che provi effettivi e inerenti con l’interesse erariale a una efficace azione di controllo) “si proietti inevitabilmente sulla relativa disciplina transitoria”, inducendo a leggerla nel senso “dell’estensione dell’applicazione retroattiva anche all’abolizione del regime di assoluta indeducibilità dei costi non separatamente indicati”.