Know HowQual è la chiave di volta per comprendere come rilanciare investimenti e crescita del Paese e delle PMI? La problematica è riconducibile e diversi fattori e non imputabile solo al nanismo delle imprese o all’inefficienza del sistema amministrativo-istituzionale. Un fattore centrale è l’aumento della complessità degli ambienti di riferimento, che richiede alle imprese, in particolare PMI, di sviluppare nuove competenze, rimodellare i sistemi di gestione ed aggiornare quelli di governance.

 

Infatti, alla luce degli sviluppi verificatisi nella transizione alle economie post-industriali basate sulla conoscenza e sulle tecnologie dell’ informazione (knowledge economy), i costi di progettazione, di comunicazione e logistici sono in rapido declino e le piattaforme produttive modulari, ovvero disaggregabili, stanno diventando sempre più diffuse per molti prodotti e processi.

 

Stiamo assistendo alla diffusione dell’impresa, anche micro, dai confini organizzativi a geometria variabile, permeabili e aperti a forme di collaborazione ed relazioni virtuali con altre imprese, in cui l’innovazione aperta e collaborativa cresce di importanza relativamente all’innovazione generata internamente alle aziende.

 

Molte imprese hanno avviato nuovi percorsi di rafforzamento competitivo, che però utilizzano in modo incompleto e discontinuo i fattori di dinamismo: investire in R&D e innovazione fa crescere ma non garantisce la sostenibilità, condizionata invece dalla solidità ex ante e dal grado di indebitamento.

 

In Italia ci sono migliaia di PMI, stimabili in 55-60.000 imprese, dotate di tecnologia e know-how esclusivi che avrebbero gli asset intangibili per rilanciarsi. Molte tuttavia sono destinate a rimanere intrappolate nella morsa della crisi, per disequilibri nella struttura finanziaria o per problemi di assetto proprietario e governance o ancora a causa dell’inadeguatezza del modello di management e di competenze manageriali.

 

A queste PMI, fucina di prodotti di tale qualità ed eccellenza nel food, nella meccanica, nella moda e nell’arredamento, si aprirebbero opportunità enormi di sviluppo sui mercati non solo internazionali, se solo si supportasse ed accompagnasse le nostre imprese nello sforzo che le vede impegnate per sviluppare delle necessarie competenze, da internalizzare solo parzialmente, per sfruttare la ricchezza di conoscenze e di know-how esclusivo di cui sono depositarie.

 

Servirebbero politiche pubbliche che aiutino davvero le imprese nella valorizzazione dell’innovazione come accade in altri Paesi europei.

 

Nell’immediato sarebbero necessarie misure che mitighino il profilo di rischio delle imprese, e non soltanto delle le banche, nonché un cambio di approccio da parte delle istituzioni e degli operatori finanziari: un’ approccio relazionale che dovrebbe comprendere anche un’attività di affiancamento dell’azienda per favorire lo sviluppo di competenze manageriali e accompagnare l’ evoluzione dei modelli di business.

 

Una delle aree di intervento più importanti consiste nel promuovere lo sviluppo di network collaborativi che consentano alle imprese di valorizzare i propri punti di forza e di comprendere come accedere ad opportunità e fonti di innovazione e risorse per colmare i gap di conoscenza ricorrendo a partner connessi in rete.

 

Le politiche pubbliche dovrebbero anche promuovere l’interazione tra i partner della rete promuovendo partenariati e favorendo una maggiore collaborazione attraverso forme di premialità mirate e l’allineamento di incentivazioni oggi spesso controproducenti. Esse dovrebbero inoltre sostenere e facilitare gli intermediari specializzati nei servizi per l’innovazione, che abilitano lo scambio di know-how e la valorizzazione della proprietà intellettuale delle imprese anche per favorire ricadute positive, fenomeni di spill over ed esternalità positive che vanno oltre i confini delle imprese stesse a beneficio del territorio.