Nell’ordinamento tributario, la delega di firma trova fondamento normativo nell’articolo 42 del Dpr 600/1973, il quale prevede che “Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato” (comma 1) e che
“L’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione… di cui al presente articolo…” (comma 3), nonché nell’articolo 12, comma 4, del Dpr 602/1973, secondo cui “Il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell’ufficio o da un suo delegato…”.
Tale istituto giuridico va tenuto distinto dalla delega di funzioni che è invece prevista dall’articolo 17, comma 1-bis, del Dlgs 165/2001, il quale stabilisce che “I dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune delle competenze comprese nelle funzioni di cui alle lettere b), d) ed e) del comma 1 a dipendenti che ricoprano le posizioni funzionali più elevate nell’ambito degli uffici ad essi affidati…”.
Sulla differenza fra i due istituti merita di essere menzionata la sentenza del Consiglio di Stato 1573 del 24 marzo 2015, ove si chiarisce che “non è configurabile un vizio di incompetenza qualora si sia in presenza non già di delega di funzioni, ma di mera delega di firma che, senza alterare l’ordine delle competenze, attribuisca al soggetto titolare dell’ufficio delegato… il potere di sottoscrivere atti che continuano ad essere, sostanzialmente, atti dell’autorità delegante e non di quella delegata” (in tal senso, cfr anche Tar Toscana, sentenza 3372/2002), ma anche la sentenza 6882/2000, con cui la Corte di cassazione ha chiarito “la differenza che passa tra la delega interorganica e la cosiddetta (mera) delega di firma, che si ha quando un organo, pur mantenendo la piena titolarità circa l’esercizio di un determinato potere, delega ad altro organo, ma anche a funzionario non titolare di organo, il compito di firmare gli atti di esercizio del potere stesso. In questi casi, l’atto firmato dal delegato, pur essendo certamente frutto dell’attività decisionale di quest’ultimo, resta formalmente imputato all’organo delegante, senza nessuna alterazione dell’ordine delle competenze (non è ammissibile, ad esempio, il ricorso gerarchico al delegante contro l’atto firmato dal delegato)” (in tal senso, vedi anche Cassazione, sentenza 6113/2005).
In altri termini, la delega di firma – che tiene inevitabilmente conto delle esigenze di organizzazione dei pubblici uffici – non comporta alcuno spostamento della competenza dal delegante al delegato, ma consente al delegato di sottoscrivere l’atto “per il delegante”, fermo restando che la paternità dell’atto sottoscritto rimane in capo a quest’ultimo.
L’istituto della delega di firma, inoltre, va tenuto distinto dagli atti di conferimento di incarichi dirigenziali, emanati sulla base della disposizione normativa dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 37 del 17 marzo 2015.
Ciò in quanto il responsabile di un’articolazione interna non sottoscrive l’atto in virtù dell’incarico dirigenziale ricevuto, ma per effetto della delega di firma del direttore dell’ufficio. In sostanza, il potere di rappresentanza dell’ufficio spetta al suo direttore, mentre i responsabili delle articolazioni interne o gli altri dipendenti in servizio presso la struttura necessitano della delega di firma del direttore.
Pertanto, l’invalidità dell’incarico dirigenziale conferito a un funzionario non travolge la validità della delega di firma conferita al medesimo funzionario.
In ultimo, le eccezioni “di diritto” concernenti la legittimità della sottoscrizione vanno tenute distinte da quelle “di fatto” concernenti la validità della delega di firma e l’esibizione della stessa in giudizio.
Infatti, mentre per decidere in ordine a quest’ultima eccezione occorre valutare di volta in volta l’operato dell’ufficio, le eccezioni concernenti la legittimità della sottoscrizione sono già risolte a livello normativo dal citato articolo 42 del Dpr 600/1973, il quale attribuisce la legittimazione alla sottoscrizione al “capo dell’ufficio” o ad “altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato” (attualmente il personale della “carriera direttiva” appartiene alla terza area funzionale).
Invero, la stessa Corte costituzionale, nella citata sentenza 37 del 2015, nonostante abbia ritenuto illegittimi gli incarichi dirigenziali conferiti a funzionari dell’Agenzia delle Entrate, ha ritenuto essenziali, ai fini della funzionalità della stessa Agenzia, “le regole organizzative interne dell’Agenzia delle entrate e la possibilità di ricorrere all’istituto della delega, anche a funzionari, per l’adozione di atti a competenza dirigenziale…”.