Come sta il settore delle rinnovabili in Italia? Se dovessimo sintetizzarlo in tre parole potremmo dire: non molto bene. Ma la situazione nel nostro Paese (e nel mondo) è assai più complessa per poter essere sintetizzata in tre parole, caratterizzata da un settore profondamente cambiato, con un drastico calo degli investimenti interni a favore di quelli esteri e una tendenza marcata all’accentramento dei soggetti operanti nel mercato.
E’ questa la fotografia dell’Irex Annual Report 2015 (vedi allegato), il rapporto annuale presentato ieri da Althesys, che traccia un quadro dell’evoluzione recente dell’industria italiana delle energie rinnovabili in un contesto nazionale e globale del settore elettrico in rapido mutamento.
Uno scenario molto dinamico, caratterizzato da una crescente internazionalizzazione, dalla trasformazione del mercato elettrico, dalla revisione delle politiche energetiche europee e nazionali e dallo sviluppo tecnologico.
Secondo il Rapporto, nel 2014 sono state effettuate 205 operazioni nel settore rinnovabili, per un totale di 4.736 MW (-19% rispetto al 2013) e un valore complessivo stimato di 7 miliardi di euro (-10%). Dei nuovi impianti realizzati, per una potenza complessiva di 2.253 MW, ben l’88% è stato realizzato all’estero, principalmente in Nord e Sud America.
L’eolico è stata la fonte rinnovabile con la maggior potenza autorizzata e installata con 1.024 MW, ma in calo del 36% rispetto al 2013. Il fotovoltaico ha invece registrato il maggior numero di operazioni con 551 MW, di cui però solo il 5% realizzati in Italia.
Anche le biomasse hanno registrato una diminuzione, con solo 39 MW installati: in questo caso, tutti in Italia. Dei 39 MW, 37 riguardano la biomassa solida e 2 il biogas. La limitata presenza di impianti biogas è dovuta alle nuove politiche che incentivano quelli di piccola taglia.
Calano anche gli investimenti nell’idroelettrico, che assommano il 4% delle operazioni per complessivi 105 MW e 270 milioni di euro. Infine, sono stati censiti 2 MW nel geotermico, e 4 impianti solari termodinamici, tutti in Italia, per complessivi 69 MW e 242 milioni di euro.
Se in Italia le rinnovabili segnano il passo, all’estero ci sono prospettive molto interessanti. Per il settore eolico nel 2014 si è avuto un buon livello di profittabilità per i grandi impianti nella maggior parte dei Paesi, grazie al calo dei prezzi della tecnologia, in linea con l’anno scorso, unito alla marcata diminuzione del costo del capitale e nonostante il ridimensionamento degli incentivi. Questa situazione riguarda tutti i paesi analizzati nel Rapporto: ovvero Germania, Grecia, Francia, Italia, Regno Unito, Romania, Polonia e Danimarca. Per l’Italia e la Grecia, però, pesano più degli altri paesi i costi relativi all’eccessiva burocratizzazione e fiscalità. Per il settore fotovoltaico invece, la saturazione dei mercati si unisce al cambio delle politiche, che nella maggior parte dei paesi ormai sostengono solo gli impianti di piccola taglia (fatta eccezione per la Romania).
L’Italia non ha più incentivi diretti per il fotovoltaico e il mercato degli impianti di piccola taglia si regge solo grazie alle detrazioni fiscali del 50%. Il Rapporto però segnala la peculiarità tutta italiana dei SEU (Sistemi Efficienti di Utenza), che ha permesso un certo sviluppo di impianti su siti industriali e commerciali di taglia media: «Un’interessante opportunità di investimento per il costruttore e/o investitore e un buon risparmio sui costi energetici per il cliente finale». Il cui sviluppo dipenderà, tuttavia, dall’evoluzione legislativa in materia.