meritoLa novità è contenuta nel disegno di legge che martedì 31 verrà formalmente assegnato dall’Aula di Montecitorio alla Commissione Cultura: la “formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale. Le attività sono definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il Piano triennale dell’offerta formativa”.

 

Dalla Relazione Tecnica del ddl si apprende che il percorso è suddiviso in 4 fasi: incontri di accoglienza e fine corso per la durata complessiva di 5 ore a gruppi di massimo 250 docenti; laboratori formativi dedicati (4 laboratori dedicati ad approfondimenti di 3 ore ciascuno a gruppi di massimo 30 docenti e 4 ore di autoformazione e rielaborazione dell’esperienza); attività peer to peer (5 ore di affiancamento di ciascun docente ad un tutor della scuola per scambio di esperienze tra pari e 4 ore di autoformazione e rielaborazione dell’esperienza); formazione on-line (20 ore di formazione on-line su piattaforma informatica). Per ciascun docente è previsto un costo di formazione pari a 52,20 euro per un totale di 40 milioni. Prevista anche una Card di 500 euro per tutti gli insegnanti in organico di diritto, per un impegno di 127 milioni di euro per le esigenze formative del 2015 e 381 milioni per il 2016.

 

Marcello Pacifico (presidente Anief): riteniamo positiva l’adozione di un bonus che possa essere utilizzato per la formazione. Anche se si tratta di un finanziamento davvero minimo: il costo medio di un Master è infatti di almeno 1.000 euro. Quindi i 500 euro di spesa massima previsti dal disegno di legge andrebbero incrementati. È poi importante che quei fondi non provengano da ulteriori taglia alla scuola e che non vadano a sostituire gli aumenti di stipendio dovuti all’adeguamento dello stipendio all’inflazione.

 

Quella degli insegnanti è una delle poche categorie professionali che nel corso della carriera non è sottoposta ad obblighi di aggiornamento. Il Governo, però, vuole voltare pagina: l’articolo 10 del disegno di legge sulla Buona Scuola, che martedì 31 marzo verrà formalmente assegnato dall’Aula della Camera all’ufficio di presidenza della VII Commissione, con contestuale nomina del relatore del provvedimento, prevede che la “formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale. Le attività di formazione sono definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il Piano triennale dell’offerta formativa”.

 

Per saperne di più su questa novità che l’Esecutivo ha proposto, bisogna però andare a sfogliare la Relazione Tecnica al ddl. Dove si scopre che il Governo ha “definito un modello di formazione innovativo indirizzato a tutti i docenti, composto da 50 ore di attività, strutturate in modo da ridurre i costi di docenza anche utilizzando la formazione tra pari e un sistema gestionale on-line”.

 

“Il percorso è suddiviso in 4 fasi: condivisione del percorso formativo (incontri di accoglienza e fine corso per la durata complessiva di 5 ore a gruppi di massimo 250 docenti); laboratori formativi dedicati (4 laboratori dedicati ad approfondimenti di 3 ore ciascuno a gruppi di massimo 30 docenti e 4 ore di autoformazione e rielaborazione dell’esperienza); attività peer to peer (5 ore di affiancamento di ciascun docente ad un tutor della scuola per scambio di esperienze tra pari e 4 ore di autoformazione e rielaborazione dell’esperienza); formazione on-line (20 ore di formazione on-line su piattaforma informatica)”.

 

Sempre nella Relazione Tecnica del ddl si riporta la “formazione è rivolta a 762.274 docenti. Per ciascun docente è previsto un costo di formazione pari a 52,20 euro per un totale stimato di euro € 39.785.793,20. Al maggiore onere del presente articolo si provvede ai sensi di quanto disposto dalla norma di copertura di copertura finanziaria”.

 

Per le attività formative rivolte ai docenti, è quindi stata quindi prevista la spesa di euro 40 milioni annui a decorrere dall’anno 2016. Se ci vorranno altri soldi, si potrà comunque anche utilizzare la nuova Card fresca di zecca di 500 euro che sarà assegnata a ognuno dei 762.274 insegnanti in organico di diritto, per un impegno ulteriore per lo Stato pari a 127 milioni di euro per le esigenze formative del 2015 e 381 milioni per il 2016.

 

Si tratta, si legge ancora nell’articolo 10 del ddl, di una vera “carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. La Carta, dell’importo di 500 euro annui, può essere utilizzata per l’acquisto di libri e testi, anche in formato digitale, di natura didattico-scientifica, pubblicazioni e riviste riferite alle materie di insegnamento e comunque utili all’aggiornamento professionale, acquisto di hardware e software, iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e qualificazione delle competenze professionali, rappresentazioni teatrali e cinematografiche, ingresso a musei, mostre ed eventi culturali, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del Piano dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione”. Per conoscere i criteri e le modalità di assegnazione e utilizzo della Carta, che non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile, bisognerà attendere 60 giorni dalla data di entrata in vigore del ddl.

 

“Si tratta di uno dei pochi passaggi del decreto di riforma condivisibili – dice Marcello Pacifico, presidente Anief e candidato al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione –: ben vengano, quindi, i 500 euro previsti dal voucher per aggiornamento e formazione. Ma ad una condizione: non debbono essere sostitutivi degli 800 euro che da 2010 lo Stato avrebbe dovuto versare ad ogni di lavoratore della scuola per adeguare gli stipendi al costo dell’inflazione”.

 

“Come sindacato – continua Pacifico – riteniamo positiva l’adozione di un bonus che possa essere utilizzato per la formazione. Anche se si tratta di un finanziamento davvero minimo: il costo medio di un Master è infatti di almeno 1.000 euro. Quindi i 500 euro di spesa massima previsti dal disegno di legge andrebbero incrementati. In ogni caso, ben venga l’iniziativa, che se approvata finalmente permetterebbe di agevolare l’aggiornamento professionale, ma a due condizioni: che quei fondi non provengano da ulteriori taglia alla scuola e che non vadano a sostituire, come pessima abitudine da alcuni anni, avallata dai sindacati rappresentativi, gli aumenti di stipendio dovuti all’adeguamento dello stipendio all’inflazione”.

 

“A tal proposito – dice il presidente Anief – è significativo che nello stesso ddl, all’articolo 11, per non perdere l’abitudine del contenzioso, il Governo assegnerà 200 milioni alle scuole in base al numero di dipendenti, affinché il preside premi non soltanto i tre membri dello staff che si è scelto ma anche il personale a lui più gradito: una scelta che sfiducia Rsu e organi collegiali, il quali andrebbero invece sicuramente coinvolti in tali decisioni.  Si tratta di un’altra tendenza alla deriva clientelare della gestione della scuola pubblica. Per questo – conclude Pacifico – stiamo chiedendo a tutti i lavoratori che vogliono cambiare in meglio la scuola di scriverci a iocambioconanief@anief.net”.