digitaleIl 31 marzo arriva l’obbligo di fatturare in modalità elettronica a tutte le PA del nostro Paese. Non significa allegare una qualsiasi file-fattura a una email o a una PEC, invece che spedirla con il postino. Significa, essenzialmente: per i fornitori della PA, produrre un file in formato elettronico strutturato, firmato digitalmente, da conservare a norma in elettronico obbligatoriamente per 10 anni; per le PA, ricevere un XML firmato da integrare nei sistemi contabili e da gestire con Workflow approvativi digitali, per poi portarlo in conservazione elettronica a norma per 10 anni.

 

Fare tutto questo non vuol dire affrontare un astruso adempimento più complesso degli altri (anche se, a un’analisi superficiale potrebbe anche sembrare così!), ma significa “capire” concretamente sia “che cosa vuol dire” sia “come è fattibile” sostituire al documento tradizionale (più che cartaceo, direi “analogico”, cioè che richiede una forte presenza dell’uomo per essere ricondotto all’interno del mondo digitale) un flusso di dati informatici per la gestione delle relazioni commerciali tra fornitori e clienti: si chiama “eSupply Chain Execution”. In quest’ottica, il potenziale innovativo, soprattutto culturale, del passaggio alla Fatturazione Elettronica obbligatoria verso le PA, può essere dirompente: soprattutto se riuscirà a introdurre consapevolezza maggiore su come si gestiscono i flussi digitali, sia nella nostra PA sia in molte delle nostre imprese.

 

Entrambi, imprese e PA, purtroppo, sono contesti che fino a oggi, salvo qualche eccellenza, hanno spesso subito l’innovazione digitale, non cavalcandola e limitandosi a governarla a bassi regimi, senza provare – più che coraggiosamente, consapevolmente – “ad accelerare”. In questo modo, ad andare lenti sono stati i nostri modelli di business, molte delle nostre attività operative e la nostra burocrazia. Più lenti delle dinamiche competitive che nel frattempo frastagliavano, modificandolo con rapidità crescenti, lo scenario internazionale: limando e sottraendo risorse, che altrettanto rapidamente hanno mostrato la presenza di strutture di costo ingombranti, tutt’altro che flessibili e difficili da sostenere nel tempo.

 

In questo contesto, quindi, ogni stimolo verso l’innovazione digitale può rappresentare un’opportunità da cogliere. E la Fatturazione Elettronica può andare esattamente in questa direzione. Su un percorso di cultura digitale che, personalmente, percepisco in forte discesa. Non tanto perché inizialmente facile, quanto piuttosto perché più lo si conosce più lo si domina – quindi, col tempo, l’esperienza e il corretto approccio può anche diventare facile. E soprattutto, perché tende a dimostrarsi, da subito, un contesto in cui è più probabile prendere velocità che non arrestarsi. Uscendo dalla metafora, è altamente probabile che dopo la Fatturazione Elettronica verso la PA non assisteremo a un quadro dell’innovazione digitale che si assesta.

 

Dopo la PA potrebbe essere la volta del B2b, in cui incentivi concreti dovrebbero stimolare le imprese ad abbandonare i modelli tradizionali di Fatturazione. Dall’Europa è in arrivo un regolamento per gli Appalti Pubblici che stimolerà ulteriormente il ricorso a formati elettronici strutturati. I protocolli di comunicazione (se volgiamo, gli “standard”), come è sempre avvenuto non saranno definiti staticamente, una volta per sempre, ma subiranno variazioni, tipicamente migliorative (come già lo stesso Tracciato Fattura_PA dimostra). Le norme giuridiche stanno evolvendo sempre più rapidamente per aprire le porte a modelli innovativi basati sul digitale. Infine, le esperienze di digitalizzazione già consolidate sono lì a dimostrare i benefici concreti che hanno portato e in molti casi rappresentano anche un trampolino su cui innescare ulteriori innovazioni altrimenti difficili da cogliere (cito come semplici esempi, il crescente interesse sul trasferimento di informazioni commerciali addizionali dai produttori ai distributori per arricchire l’esperienza di acquisto in store del consumatore finale e la condivisione delle informazioni sui pagamenti dei clienti con la struttura commerciale, attraverso applicazioni Mobile fruibili sul campo). In questo senso, le dinamiche della digitalizzazione, sia quelle in atto sia quelle previste per il prossimo futuro, ricordano una pista da sci: se si sa sciare, ci si può divertire, anche molto. Se non si hanno gli sci, si rischia una rovinosa e inarrestabile caduta.

 

La speranza, quindi, è che questo obbligo di Fatturazione Elettronica verso la PA, le molteplici novità normative che seguiranno a breve (la norma sugli appalti pubblici prevede che dal 2019 ogni PA dovrà accettare fatture elettroniche se il fornitore adotterà uno dei linguaggi definiti dal CEN) e il desiderio di ottimizzare ulteriormente i processi interni, finiscano col trovarci preparati, o almeno sempre più preparati, lato imprese e lato PA. In questo modo, non solo sapremo internalizzare bene le diverse opportunità di efficienza ed efficacia, ma potremo anche cogliere in modo più rapido le numerose opzioni e prospettive che un ecosistema digitale può offrire.