L’effetto della sentenza della Corte di giustizia “National Grid Indus” e i nuovi tasselli introdotti dal legislatore per adeguare le regole interne ai precetti comunitari.
Fra le recenti modifiche apportate alla disciplina della exit tax, la possibilità per il contribuente di optare, in alternativa all’imposizione immediata, per la sospensione della riscossione, a condizione che la residenza venga trasferita in Stati Ue o aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con cui l’Italia abbia stipulato un accordo in tema di riscossione dei crediti tributari
La exit tax nell’ordinamento italiano
Nell’ambito dell’ordinamento tributario italiano, è l’articolo 166 del Dpr 917/1986 (Testo unico delle imposte sui redditi) a disciplinare gli effetti fiscali del trasferimento all’estero della residenza da parte dei soggetti che esercitano imprese commerciali.
La disposizione stabilisce, infatti, che per tali soggetti il trasferimento all’estero della residenza, che comporti la perdita della residenza ai fini delle imposte sui redditi, costituisce realizzo, al valore normale, dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale.
Tuttavia, la exit tax non trova applicazione nell’ipotesi in cui, in seguito al trasferimento della residenza, i beni costituenti l’azienda siano confluiti in una stabile organizzazione situata in Italia, sempre che gli stessi non ne siano successivamente distolti.
Inoltre, si considerano in ogni caso realizzate, al valore normale, le plusvalenze relative alle stabili organizzazioni all’estero del soggetto italiano che trasferisce la residenza.
Il legislatore ha recentemente modificato l’articolo 166 allo scopo, da un lato, di adeguare la disciplina nazionale della exit tax ai principi enunciati in ambito comunitario dalla sentenza della Cgue 29 novembre 2011, causa C-371/10, National Grid Indus e, dall’altro, di far fronte alla procedura d’infrazione (protocollo 2010/4141) avviata dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia.
L’articolo 91, comma 1, del Dl 1/2012, ha inserito nel corpo dell’articolo 166 due nuovi commi, 2-quater e 2-quinquies.
Con il comma 2-quater è stata introdotta la possibilità per il contribuente di optare, in alternativa all’imposizione immediata prevista dal comma 1, per la sospensione degli effetti del realizzo, a condizione che la residenza venga trasferita in Stati appartenenti all’Unione europea ovvero in Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, con cui l’Italia abbia stipulato un accordo sulla reciproca assistenza in materia di riscossione dei crediti tributari comparabile a quella assicurata dalla direttiva 2010/24/Ue del Consiglio dell’Ue, del 16 marzo 2010.
Il comma 2-quinquies, invece, demanda a un decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze di natura non regolamentare l’adozione delle disposizioni di attuazione del comma 2-quater, al fine di individuare, tra l’altro, le fattispecie che determinano la decadenza della sospensione, i criteri di determinazione dell’imposta dovuta e le modalità di versamento. Tale decreto è stato emanato il 2 agosto 2013 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 188 del 12 agosto 2013.
Con successivo decreto ministeriale del 2 luglio 2014 (Gazzetta Ufficiale n. 156 dell’8 luglio 2014), sono state aggiornate e in parte riviste le disposizioni dettate dal Dm 2 agosto 2013.
Infine, l’Agenzia delle Entrate, con provvedimento 10 luglio 2014, ha definito le modalità e le condizioni di esercizio dell’opzione di cui al comma 2-quater dell’articolo 166 Tuir, in tal modo completando la disciplina attuativa della exit tax.
Soggetti passivi, presupposto e base imponibile dell’exit tax
La disciplina dettata dall’articolo 166 Tuir trova applicazione nei confronti dei “soggetti che esercitano imprese commerciali”. Pertanto, sono soggetti passivi della exit tax:
- le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato titolari di reddito d’impresa
- le società di persone residenti nel territorio dello Stato
- le società di capitali residenti nel territorio dello Stato
- gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali.
Il presupposto impositivo della exit tax è rappresentato dal trasferimento all’estero della residenza correlato alla perdita, ai fini delle imposte sui redditi, della residenza in Italia del soggetto trasferito.
Pertanto, il presupposto impositivo dell’articolo 166 non consiste nel trasferimento isolatamente considerato, ma nel trasferimento che determini il venir meno del collegamento con la potestà impositiva dello Stato di origine. Circostanza che, anche alla luce della giurisprudenza comunitaria, giustifica, nel rispetto di determinate condizioni, l’applicazione di una tassazione all’uscita.
La base imponibile, infine, è costituita dal valore di realizzo, determinato in modo unitario, dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale, che non siano confluiti in una stabile organizzazione in Italia. Il criterio valutativo indicato dal legislatore è quello del valore normale, che deve essere confrontato con l’ultimo costo fiscalmente riconosciuto dei beni dell’azienda.
Effetti fiscali del trasferimento all’estero della residenza
Dalla lettura dei commi 1 e 2 dell’articolo 166 si ricava che il trasferimento all’estero della residenza, che implichi la perdita della residenza ai fini delle imposte sui redditi, da parte dei soggetti che esercitano imprese commerciali, comporta:
- la presunzione di realizzo, al valore normale, dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale trasferiti all’estero, che non siano confluiti in una stabile organizzazione in Italia
- la tassazione dei fondi in sospensione d’imposta iscritti nel bilancio ante trasferimento, che non siano stati ricostituiti nella contabilità di una stabile organizzazione in Italia
- la presunzione di realizzo, al valore normale, delle plusvalenze relative a stabili organizzazioni all’estero preesistenti al trasferimento della residenza.
Pertanto, la presunzione di realizzo non opera automaticamente e in ogni caso.
Infatti, la exit tax non troverà applicazione nei confronti dei plusvalori relativi ai componenti dell’azienda o del complesso aziendale che, all’atto del trasferimento della residenza, siano confluiti in una stabile organizzazione in Italia. Tuttavia, le plusvalenze latenti riferibili a tali beni saranno assoggettate a tassazione, qualora gli stessi beni dovessero essere successivamente distolti dal patrimonio della stabile organizzazione.
Allo stesso modo, i fondi in sospensione d’imposta, iscritti nell’ultimo bilancio ante trasferimento, che siano ricostituiti nel patrimonio contabile di una stabile organizzazione in Italia, non sono soggetti a tassazione. La mancata ricostituzione, al contrario, implica l’assoggettamento a tassazione dei fondi stessi.
In entrambe le ipotesi, per effetto della presenza della stabile organizzazione sul territorio nazionale, lo Stato conserva la propria potestà impositiva, non realizzandosi pertanto il presupposto impositivo della exit tax.
Infine, la presunzione di realizzo al valore normale opera in ogni caso rispetto alle plusvalenze relative alle stabili organizzazioni all’estero del soggetto trasferito preesistenti al trasferimento della residenza.
FONTE: Fisco Oggi – Rivista Telematica dell’Agenzia delle Entrate
AUTORE: Gennaro Napolitano