Tra i punti salienti della riforma: il rafforzamento del principio di soccombenza come deterrente per le cause temerarie e la libera contrattazione sulla parcella professionale.
Presupposto della condanna alle spese di lite è la soccombenza: chi perde, paga.
Il diritto tributario osserva, infatti, il principio generale di responsabilità delle parti per le spese del processo. L’articolo 15, comma 1, del decreto legislativo 546/1992, dispone che “La parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza” e prosegue prevedendo che “la commissione tributaria può dichiarare compensate in tutto o in parte le spese, a norma dell’art. 92, secondo comma, del codice di procedura civile”.
Il principio trova giustificazione nella necessità di assicurare, in assenza di sacrifici economici, completa tutela alla parte risultata vittoriosa, che viene individuata con riferimento all’intero esito della controversia (cfr Cassazione, pronunce 4201/2002 e 15787/2000) e determinata in base a ragioni di merito o a motivi di ordine processuale (cfr Cassazione, pronunce 10911/2001 e 583/1999), salvo la decisione del giudice di compensare le spese.
Compensazione ridotta
In base al nuovo testo dell’articolo 92, comma 2, cpc, cui rinvia l’articolo 15, per i procedimenti introdotti dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore delle norme introdotte dal Dl 132/2014 ( “riforma della giustizia civile”), cioè l’11 novembre 2014, il giudice può compensare le spese, in misura parziale o totale, tra le parti, solo quando si verifica una delle seguenti situazioni:
- soccombenza reciproca
- assoluta novità della questione trattata nella controversia
- mutamento della giurisprudenza rispetto le questioni dirimenti.
La possibilità del giudice di compensare appare, dunque, ridotta rispetto al precedente testo che prevedeva, oltre al caso della soccombenza reciproca, l’ipotesi più ampia di “gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione”.
Occorrerà valutare attentamente la singola questione per non rischiare la condanna alle spese; si tratta, infatti, di un disincentivo per le cause temerarie.
Compensi professionali concordati liberamente
Il legislatore ha soppresso le tariffe professionali a favore di una libera contrattazione del compenso tra professionista e cliente, ma l’accordo rileva solo nei loro rapporti interni.
Il giudice, nel liquidare d’ufficio le spese a carico della parte soccombente, è tenuto ad applicare criteri e parametri stabiliti nei decreti ministeriali (articolo 5 del Dm 55/2014, e Cassazione, pronunce 17405 e 17406, entrambe del 2012), mentre l’accordo tra parte vittoriosa e difensore, se prodotto in sede di giudizio, evita solo la “valutazione negativa”, ex articolo 1, comma 6, del Dm 140/2012 del ministero della Giustizia, che indirizzerebbe verso una liquidazione esigua.
Se, diversamente, non c’è l’accordo, sarà il giudice a provvedere; dunque, i parametri operano sia in caso di mancato accordo sia di liquidazione delle spese da parte del giudice.
La richiesta di condanna della controparte alle spese di lite deve essere formulata dalla parte interessata, nel ricorso del contribuente, nelle controdeduzioni dell’Amministrazione finanziaria oppure come apposito motivo di appello.
Abrogazione tariffe professionali
L’articolo 9 del Dl 1/2012 (“decreto liberalizzazioni”) ha abrogato le tariffe professionali e previsto l’adozione di un decreto ministeriale per la determinazione dei compensi spettanti ai difensori, in caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale.
In precedenza, i compensi spettanti agli incaricati dell’assistenza tecnica rimandavano a quelli previsti dalle rispettive tariffe professionali, a cui restavano parametrati anche quelli degli uffici finanziari o locali ove difesi da propri funzionari o dipendenti, con alcuni correttivi.
Parametri e criteri
Il Dm 140/2012 (“decreto altri professionisti”), in vigore dal 23 agosto 2012, ha previsto parametri e criteri per la liquidazione dei compensi dei professionisti, inizialmente validi anche per gli avvocati, poi disciplinati da un altro Dm, il 55/2014 (“decreto avvocati”), in vigore dal 3 aprile 2014.
Quindi, per la parte “pubblica”, se assistita da funzionari dell’amministrazione, e per l’ente locale, se assistito da propri dipendenti, vale quanto stabilito per la liquidazione dei compensi degli avvocati, con la riduzione del 20% dell’importo complessivo ivi previsto (articolo 15, comma 2-bis, Dlgs 546/1992).
Decorrenza
Le nuove liquidazioni sono applicate:
- per i professionisti diversi dagli avvocati, dal 23 agosto 2012, e anche all’attività difensiva non ancora conclusa all’entrata in vigore del Dm 140/2012 (Cassazione, pronunce 17405 e 17406 del 2012). Le precedenti tariffe si applicavano non oltre il 23 luglio 2012, ovvero non oltre 120 giorni dall’entrata in vigore delle legge di abrogazione 27/2012
- per gli avvocati, dal 3 aprile 2014 e alle liquidazioni successive all’entrata in vigore del relativo Dm 55/2014, anche per controversie iniziate durante la vigenza del “Dm altri professionisti” (exarticolo 28, “Dm avvocati”) o durante la vigenza delle tariffe (Cassazione, pronuncia 17405/2012).
FONTE: Fisco Oggi – Rivista Telematica dell’Agenzia delle Entrate
AUTORE: Teresa Gerundino