Nei giorni scorsi il ministero dell’Economia e delle Finanze ha dato il numero delle nuove partite Iva aperte nel dicembre 2014: oltre 76mila con un balzo monstre del 203% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Come rilevato dal medesimo ministero il boom delle aperture in zona Cesarini si spiega con la possibilità di conservare il vecchio regime (favorevole) dei minimi e sfuggire così alle novità contenute nella legge di Stabilità. Insomma se serviva la vox populi per capire il giudizio che i lavoratori autonomi hanno maturato sulle nuove norme non si può dire che non si sia fatta ascoltare.

Ora la palla è al Consiglio dei ministri del 20 febbraio e in quell’occasione toccherà a Matteo Renzi muovere. A più riprese negli ultimi giorni il premier ha definito la modifica dei minimi fiscali per le partite Iva addirittura «l’unico errore» che ha finora fatto da inquilino di Palazzo Chigi. Non gli resta, quindi, che trarne le conseguenze e riparare il torto. Anche perché attorno alla parola d’ordine di un regime fiscale più congruo per i freelance sta sorgendo un ampio fronte che passa attraverso le campagne su Twitter (l’ultima è #paroladilupetto con allusione al passato di boy scout di Renzi) fino all’appoggio di Confprofessioni che uscirà nei prossimi giorni con un «manifesto del lavoro intellettuale».

Dalle notizie che arrivano da Roma risulta che il governo qualcosa abbia approntato in materia fiscale, una sorta di convivenza tra vecchio e nuovo regime, ma è bene che arrivi in extremis una parola chiara anche sul capitolo previdenziale. I freelance chiedono di bloccare l’aumento della contribuzione Inps al 30,76% scattato il primo gennaio, il governo da quest’orecchio pare non voler sentire, eppure qualcosa va fatto. Bloccare l’aumento in attesa dell’insediamento del nuovo presidente dell’Inps (il professor Tito Boeri) sarebbe interpretato sicuramente come un segnale di buona volontà.

 

 

 

FONTE: Confcommercio

 

 

 

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