Un dipendente di una società beneficia dell’auto aziendale in uso promiscuo a titolo di fringe benefit. L’auto può essere usata anche dai suoi familiari per uso privato?
Angelo Salonna
Un veicolo aziendale può essere destinato a uso promiscuo quando è utilizzato sia per finalità aziendali che per uso personale da parte del dipendente. In tal caso, l’automobile costituisce un fringe benefit, ovvero un emolumento retributivo, riportato nella busta paga, in aggiunta alla retribuzione monetaria. Nulla osta a che il veicolo sia utilizzato anche dai familiari del dipendente. Infatti, ai fini della tassazione, si considerano fringe benefit rientranti nel reddito di lavoro dipendente anche i beni ceduti e i servizi prestati al coniuge del dipendente e ai familiari indicati nell’articolo 12 del Tuir, anche se non fiscalmente a carico (circolare 326/E del 1997, paragrafo 2.3.1).
Il fringe benefit (o, in italiano, beneficio accessorio) è un tipo di emolumento retributivo corrisposto a particolari categorie di lavoratori dipendenti, riportato nella busta paga, in aggiunta alla retribuzione monetaria.
Il calcolo del valore economico dei fringe benefits viene fatto esclusivamente a fini fiscali, per la tassazione di tale particolare reddito in base al cosiddetto “valore normale” dei benefici.
Le autovetture concesse in uso promiscuo al lavoratore (sia per lavoro che per uso privato) sono tassabili in misura pari al 30% del costo chilometrico determinato in base alle tabelle ACI sulla percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri. La deducibilità per l’impresa è pari al 70% dei costi e l’IVA può essere interamente detraibile in caso di riaddebito del fringe benefit al lavoratore.
FONTE: Fisco Oggi – Rivista Telematica dell’Agenzia delle Entrate
AUTORE: Gianfranco Mingione