In presenza di reiterate assenze in occasione delle visite di controllo disposte dal datore di lavoro nei confronti del lavoratore in malattia, sussiste il comportamento grave del medesimo che legittima il licenziamento per giusta causa. Tanto in sentenza 28 gennaio 2015, n. 1603. Ad attivare il giudizio era stato un lavoratore licenziato in quanto recidivo nelle assenze alle visite di controllo, già destinatario di provvedimenti disciplinari per la
medesima motivazione, pur se taluni annullati da precedenti provvedimenti del tribunale.

Ha osservato la suprema Corte che già a sostegno della decisione il Giudice d’appello indicava come costituiva circostanza pacifica l’assenza del lavoratore alla visita di controllo di malattia nella fascia di reperibilità , e che risultava parimenti accertato la mancanza di idonea giustificazione.

Ha aggiunto che, nella specie, l’assenza alla visita di controllo era sufficiente ad integrare giusta causa di licenziamento, considerato che -come anche rilevato dal Giudice di primo grado- tale comportamento, inserendosi in una serie,
ritualmente contestata al dipendente dall’angolazione della recidiva, di altri sei condotte sanzionate disciplinarmente nel biennio, di cui una analoga a quella in esame – mentre una  settima sanzione era stata annullata dal Tribunale di Milano – esprimeva una sorta di pervicacia del lavoratore nell’ignorare i suoi doveri, segnatamente quelli inerenti al modo di comportarsi in caso di malattia, tale da scuotere in modo irreversibile la fiducia del datore di lavoro.

Sotto il medesimo punto di vista, a rafforzare il giudizio d’inaffidabilità del medesimo, la Corte ha sottolineato che, stante il mancato controllo e la circostanza che il giorno dopo non poteva essere fatta alcuna verifica ambulatoriale da parte dell’INPS per essere ormai avvenuta la guarigione – non avendo, come già precisato, rilasciato il medico curante il certificato di prosecuzione -, si poneva il dubbio sulla stessa effettività dello stato patologico, tanto più che, da un lato, il medico che aveva rilasciato il certificato non era stato in grado di precisare la diagnosi, e, dall’altro, che, secondo la stessa ammissione del lavoratore in sede di interrogatorio libero, la malattia era coincisa con il trasloco che lo stesso doveva compiere quel medesimo giorno.

Inoltre, contrariamente a quanto lamentato dal ricorrente. andava osservato come l’art. 65 del c.c.n.l. del settore autorizzasse il licenziamento senza preavviso in caso di mancanze relative a doveri pur non espressamente richiamati nel contratto stesso, ma di tale entità da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto; sicché mentre, per un verso, le fattispecie ivi indicate avevano solo portata esemplificativa, come espressamente detto nella medesima disposizione contrattuale, per altro verso, la suddetta recidiva specifica induceva a ritenere la condotta del dipendente appunto di grave entità, costituendo essa un meccanismo di aggravamento di originali contestazioni.

Conseguentemente infondata era la censura dì sproporzionalità della sanzione rispetto al atto accertato. Per quanto esposto il ricorso è stato rigettato.

 

 

FONTE: ANCL – Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro, Sindacato Unitario

AUTORE: Renzo La Costa

 

 

 

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