L’IMU secondaria, cd. IMUS, è un tributo la cui previsione normativa si rinviene nel d.lgs. 23/2011, il cd. Decreto del federalismo fiscale.
All’art. 11, primo comma del citato decreto, il legislatore dispone che: «L’imposta municipale secondaria e’ introdotta, a decorrere dall’anno 2014, con deliberazione del consiglio comunale, per sostituire le seguenti forme di prelievo: la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari.»
Il passaggio al tributo unico persegue finalità di semplificazione del comparto, che vede tra l’altro scomparire un’entrata extratributaria, la Cosap, uniformando così anche il regime del contenzioso.
Costituisce presupposto del tributo l’occupazione dei beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni, degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico, anche a fini pubblicitari.
È soggetto passivo il soggetto che ne effettua, appunto, l’occupazione. Se l’occupazione è effettuata con impianti pubblicitari, è obbligato in solido il soggetto che utilizza l’impianto per diffondere il messaggio pubblicitario.
L’imposta è determinata in base:
– alla durata dell’occupazione;
– all’entità dell’occupazione espressa in metri quadrati o lineari;
– alla fissazione di tariffe differenziate in base alla tipologia e alle finalità dell’occupazione, alla zona del territorio comunale oggetto dell’occupazione ed alla classe demografica del Comune.
L’art. 11 prevede, inoltre, che I Comuni, con proprio regolamento, possano disporre esenzioni e agevolazioni, e ulteriori modalità applicative al fine di consentire una piena valorizzazione della sussidiarietà orizzontali.
L’entrata in vigore della norma era prevista già nella Legge di Stabilità 2014.
All’art 1, comma 714 lettera b), essa dispone che: « Al decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, sono apportate le seguenti modificazioni: (…) b) all’articolo 11, comma 1, le parole: «a decorrere dall’anno 2014» sono sostituite dalle seguenti: «a decorrere dall’anno 2015 ».
Tale modus operandi del legislatore aveva indotto molti a ritenere ragionevolmente probabile un secondo rinvio dell’introduzione della norma al 2016, fosse esso contenuto tanto nella Legge di Stabilità 2014, quanto nel decreto “mille proroghe”.
Ebbene, è noto come nessuno dei summenzionati atti legislativi contenga tale rinvio. Questa considerazione non è priva di importanti conseguenze.
Una simile omissione può ingenerare il dubbio che le norme istitutive dell’imposta sulla pubblicità, della TOSAP e dei canoni sostitutivi non siano più in vigore poiché, stando alla lettera della Legge di Stabilità 2014, l’IMUS “sarebbe” già giuridicamente esistente.
Occorre, invero, chiarire immediatamente che così non è: dall’esame del citato art. 11 emerge limpidamente la piena efficacia delle richiamate norme, in quanto non abrogate dall’IMU secondaria.
L’art. 11, comma 2 si limita, sic et simpliciter, a sancire che “L’imposta municipale secondaria è introdotta, a decorrere dall’anno 2014, con deliberazione del consiglio comunale, per sostituire le seguenti forme di prelievo: la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari (…)”; demandando ad un successivo regolamento attuativo il compito di disciplinarne gli aspetti di dettaglio, sulla base dei principi contenuti nella legge delega.
In questo contesto, però, deve rilevarsi come sulla scorta dei principi generali che regolano le fonti del diritto, ed in particolare in base a quanto prescritto dall’art. 15 delle disposizioni preliminari del codice civile, si sarebbe dinanzi ad un’ipotesi di abrogazione implicita delle disposizioni precedenti disciplinanti i tributi che l’IMU secondaria dovrebbe sostituire, cioè la TOSAP, l’ICP ed il CIMP.
Difatti, come è noto, si ha abrogazione implicita allorquando le disposizioni e/o le norme della nuova legge siano incompatibili con quelle della vecchia.
Tuttavia, proprio la mancanza di una normativa attuativa dell’imposta municipale secondaria induce ad escludere tale evenienza, con la conseguenza che – almeno nelle more dell’adozione del decreto attuativo del d.lgs n. 23/2011 – le disposizioni relative ai citati tributi locali continuano ad essere vigenti.
Dunque, finché non verrà emanato il regolamento governativo di attuazione della disciplina generale dell’imposta municipale secondaria, i Comuni non possono istituire autonomamente l’IMUS con regolamento comunale.
Continuano, perciò, a essere in vigore la Tosap, il canone di occupazione di spazi e aree pubbliche, l’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni e il canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari.
A dissipare qualsiasi dubbio residuo, è intervenuta la risoluzione n. 1/DF del 12 gennaio 2015, in cui il Dipartimento delle Finanze risponde ad un quesito posto dall’Associazione, in merito all’entrata in vigore dell’imposta municipale secondaria.
La risoluzione chiarisce che i Comuni possono introdurre l’IMU secondaria solo dopo l’emanazione del regolamento previsto dal comma 2 dell’art. 11 del d.lgs. 23/2011. La mancata emanazione di questo regolamento non determina automaticamente l’abolizione dei tributi e dei canoni che essa è destinata a sostituire né, tantomeno, potrebbe ipotizzarsi che i Comuni possano comunque istituire l’IMUS con un proprio regolamento, aggirando la riserva di legge espressamente prevista dal d.lgs. 23/2011, che ne affida la definizione ad un intervento normativo di tipo governativo.
Del resto i contenuti del citato comma 2 dell’art. 11 non sarebbero comunque sufficienti a consentire all’Ente territoriale l’esercizio della propria potestà regolamentare, poiché mancherebbero alcune disposizioni fondamentali per la completa disciplina del tributo: le tariffe dell’IMUS devono essere differenziate in base alla tipologia e alle finalità dell’occupazione, alla zona del territorio comunale oggetto dell’occupazione e alla classe demografica del Comune, e ciò non può essere demandato al regolamento comunale.
Infatti, l’art. 52 del d.lgs. 446/97 esclude espressamente una tale evenienza, laddove prevede che le Province ed i Comuni possano disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, «salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti».
Peraltro, i criteri direttivi individuati dal citato articolo 11 fanno già intravedere alcuni profili critici.
In particolare, il presupposto della tassazione sarà riconducibile all’occupazione degli spazi pubblici e non più alla diffusione dei messaggi pubblicitari. Sarebbero, dunque, escluse tutte quelle forme di pubblicità che non occupano aree pubbliche. Soluzione però in contrasto con l’imposizione della pubblicità esposta su gru e torri installate in cantieri edili, introdotta dal decreto sulle semplificazioni fiscali (articolo 3 comma 16-sexies della legge 44/12).
Inoltre, per la componente «pubblicitaria» dell’imposta, si sostanzia il rischio di perdite di gettito a causa della riduzione della base imponibile sottoposta a prelievo e dell’eliminazione della possibilità di assoggettare a doppia imposizione la pubblicità effettuata su suolo pubblico, facendo così venire meno l’effetto neutrale sui bilanci comunali che era stato invece previsto dalla relazione tecnica allegata al d.lgs. 23/11. Infatti, trattandosi di un tributo unico, non sarà più applicabile la doppia imposizione – ora possibile tra Icp e Tosap – in caso di pubblicità effettuata su suolo pubblico, come affermato, ex plurimis, dalla Cassazione, sentenze 11377/12 e 13476/12.
Va sottolineata, in ultima analisi, la difficoltà creata dall’incompletezza del quadro normativo, che potrebbe rappresentare un ostacolo insidioso per le eventuali procedure di affidamento del servizio all’esterno.
FONTE: ANACAP
AUTORE: Pietro Di Benedetto